La disciplina del soldato, l’entusiasmo dell’atleta e la pazienza del contadino

Le virtù, che chiamano in causa la nostra volontà, su cui fare discernimento in questo tempo di Quaresima.

“Nessun militare si lascia intralciare da faccende comuni, se vuol piacere a colui che lo ha arruolato. Anche l’atleta non riceve il premio se non ha lottato secondo le regole. Il contadino, che lavora duramente, deve essere il primo a raccogliere i frutti della terra.”
Per Nico Guerini, questo passo tratto dalla Seconda Lettera a Timoteo (2Tm 2,4-6) può fornire un buon programma quaresimale. Infatti, nel tempo di discernimento e lotta qual è la Quaresima, queste tre figure ben esemplificano lo sforzo, la fatica e l’impegno per ottenere, nella luce della sequela di Gesù, una ricompensa: il piacere di chi ci ha arruolato, il premio per chi ha gareggiato onestamente, il frutto per chi ha coltivato.
“Mi pare solo naturale collegare la figura del soldato con la disciplina, ricordando anche che esercito ed esercizio hanno la stessa radice: vengono da un verbo, exerceo, dal senso piuttosto rude se non decisamente violento: letteralmente, cacciar fuori da uno stato di riposo. E disciplina significa insieme un imparare (discere) e lo sforzo necessario per arrivarci.”
Ecco, quindi, il primo impegno: dobbiamo esaminare come gestiamo il tempo, gli interessi, le relazioni e un certo modo di lavorare che genera solo irrequietezza e agitazione, tenendo conto che ci sono distrazioni anche buone e necessarie. Occorre effettuare un re-centramento sulle cose essenziali e, conseguentemente, un’opera di sfrondamento e semplificazione rispetto a ciò che non serve: il digiuno da fare non riguarda solo il cibo.
“Ogni disciplina è faticosa, e la si accetta e sopporta solo se, e fino a quando, ci sorregge il fervore generato da un obiettivo che ci sta a cuore. Per un atleta è la vittoria in una gara, per un musicista è un successo a un concerto. È facile incantarsi davanti a un esito trionfale, ma è pure altrettanto facile dimenticare il prezzo del trionfo, giorni e giorni di esercizi sempre uguali, spesso praticati in solitudine, e tutto per l’emozione finale, che non è neanche sempre assicurata.”
Allo stesso modo, contro il senso di fatica spirituale occorre sempre rigenerare l’ideale, seguendo la luce di chi ci cammina davanti invitandoci tacitamente a seguirlo. Lo si può fare riaccendendo l’entusiasmo per le cose grandi, magari leggendo libri e testi sugli splendidi esempi della storia della Chiesa e partecipando a incontri con ammirevoli testimoni.
“Il terzo passo da fare è essenziale se non si vuole che tutto crolli. La figura del contadino diventa decisiva al riguardo. C’è in lui un elemento di passività che è importante. Mentre nell’esercizio di mortificazioni ed elemosine, così come nel suscitare in noi entusiasmo, è facile sentirsi protagonisti in toto, il contadino sa che deve fare i conti con forze che non dipendono da lui: se vuole vedere il frutto, lo deve attendere.”
Occorre quindi ripescare la pazienza della cultura contadina, che era in sintonia con la lentezza dei ritmi della natura. Solo così le rinunce e i sacrifici volontari potranno essere sopportati. È questo il tracciato più importante del cammino quaresimale, quello che non porta medaglie, ma ha il vantaggio sicuro di portare frutti.

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