Calendario pastorale

Domenica 24 ore 15.00 catechesi gruppo comunione 1 ( 2^ el) .
ore 14.30 Partenza cresimandi per incontro con l’Arcivescovo a S. Siro.

Comunicazioni:

Viaggio parrocchiale in Andalusia 17 – 20 ottobre. Iscrizioni entro 8 aprile.

Oratorio Estivo (10/06 – 12/07): cercasi disponibilità di adulti per: pre-ingresso: apertura e vigilanza (ore 7.30 – 8.45 dal lunedì al venerdì) – preparazione e distribuzione della merenda – servizio al bar (pomeriggio) – pulizie al termine delle attività (ore 17.00) – servizio mensa (distribuzione e pulizia) – servizio in cucina per la preparazione dei pasti.
Per info o disponibilità contattare don Romeo.

Il cammino pasquale

Dio è amore, è ciò che emerge dalle scritture, è ciò che ha rivelato Gesù nei suoi gesti e nelle sue parole.
L’amore si realizza quando fa riferimento alla maniera di amare di Cristo e dello Spirito santo, che sono i due rivelatori del Padre. Ora, l’amore di cui stiamo parlando ha sempre una dimensione pasquale: una dimensione del sacrificio, dell’oblazione e una dimensione del superamento del limite, della morte, che si dà nella risurrezione.
Ne è traccia lo sviluppo liturgico del triduo pasquale: dal giovedì santo, il giorno della comunione e della condivisione di Gesù con i discepoli (dove però già c’è il germe del male espresso nel tradimento di Giuda); al venerdì santo, il giorno della sofferenza e della morte; al sabato santo, il giorno del lutto e del silenzio, fino ad arrivare alla domenica della risurrezione. Ne emerge una consapevolezza che nasce anche da uno sguardo sapienziale dell’esperienza della vita: l’uomo sa che tutto ciò che è bello, buono, nobile e giusto si realizza in mezzo a difficoltà e ostacoli e resistenze, per poi compiersi e realizzarsi assumendo così la dimensione pasquale.
La via dell’amore guidata dallo Spirito non passa mai dal giovedì santo alla domenica di Pasqua, saltando il venerdì e il sabato santo, bensì invece includendo questi due momenti.
L’esperienza comune del vivere, infatti, ci conduce alla considerazione che il cammino del bene, dell’amore, della vita buona, conosce non solo le primavere, ma anche qualche giorno d’inverno, se non anche qualche lungo inverno. L’amore, dunque, ha una dimensione pasquale: si compie passando attraverso cadute e prove.
L’uomo fa di tutto per evitare la via pasquale, ma ogni tentativo prima o poi gli si presenta come un’illusione, davanti alla quale occorre ritornare ad invocare il dono dello Spirito.
Infatti, anche storicamente, l’opera di Gesù è stata compresa e accettata dopo la Pentecoste solo grazie allo Spirito Santo.
Il cammino del triduo pasquale, che ci porta alla Pasqua senza però dimenticare il venerdì e il sabato, ci conduce ad una verifica della mentalità nel senso spirituale.
La verifica della mentalità nel senso spirituale consiste nel vedere se riesco a comprendere che la via che porta alla vera vita è il triduo pasquale del Signore, intendendo così che la via della croce ( la via del dono, del servizio) è la via della risurrezione.
Oppure se penso ancora che nella vita per realizzarsi bisogna avere successo, potere, essere considerati, affermare le proprie idee, essere applauditi, essere sani e ricchi, esercitare una certa forza per imporsi ed essere riconosciuti, farsi servire anziché servire.
Ci doni il Signore di poter vivere il cammino pasquale, liturgicamente espresso nel triduo pasquale, per poter plasmare sempre di più in tutti noi quella mentalità spirituale che ci conduce a vivere l’esperienza dell’amore nella forma del dono e del servizio.
E’ proprio questa la forma dell’amore che contempla già in essa l’esperienza della vita vera che non muore mai, la vita che appartiene alla Pasqua di Gesù.
Concludiamo con le parole di papa Francesco in una sua catechesi sul Padre Nostro: “Dio, per amore, può portarci a camminare su sentieri difficili, a sperimentare ferite e spine dolorose, ma non ci abbandonerà mai. Sempre sarà con noi, accanto a noi, dentro di noi. Per un credente questa, più che una speranza, è una certezza. Dio è con me”.

Buona Pasqua e buon triduo pasquale!
dRomeo

Rinnovo dei Consigli Pastorali Parrocchiali

Domenica 19 maggio: presentazione dei candidati per il rinnovo dei Consigli Pastorali.
Domenica 26 maggio: elezioni dei Consigli Pastorali Parrocchiali.
Possono candidarsi per essere membri del Consiglio Pastorale coloro che, avendo completato l’iniziazione cristiana, abbiano compiuto 18 anni al momento dell’elezione, siano domiciliati nella parrocchia oppure vivano la loro vita di fede in essa.
I membri siano contraddistinti da capacità di dialogo e concreta conoscenza dei bisogni della comunità, si preoccupino del bene dell’intera comunità, evitando lo spirito di parte o di categoria. Vivano un cammino di fede alimentato dall’Eucarestia domenicale e dalla preghiera (disponibile, quando se ne ha la possibilità, all’ascolto della Parola di Dio) –
(Cost. 134, par. 2 , lett. g – Sinodo diocesano 47 °).
Requisito ovvio è la piena comunione con la Chiesa non solo negli elementi fondamentali della professione della stessa fede,( …) ma anche delle indicazioni autorevoli, dottrinali e pratiche, del momento concreto (circa le situazioni familiari non conformi all’insegnamento della Chiesa si veda quanto previsto nel cap. VIII dell’esortazione apostolica Amoris Letitia ).
Si considerino incompatibili con l’ufficio di consigliere l’essere guida di una formazione politica; essere consigliere regionale o provinciale; l’essere assessore, sindaco, consigliere comunale. Dal Decreto Arcivescovile dell ’11 febbraio 2024

Calendario pastorale

Martedì 5 ore 21.00 catechesi 18/19 enni.

Mercoledì 6 ore 21.00 Incontro decanato di Magenta presso il cineteatro Agorà di Sedriano, “Sulla via della libertà” – La chiesa in America Latina. Testimonianza di due preti missionari.

Domenica 10 ore 15.00 catechesi I.C.
ore 15.00 Prima confessione gruppo comunione 3 (chiesa parrocchiale).

Martedì 12 ore 21.00 Catechesi giovani.

I beni relazionali

Non sono quantificabili, eppure generano un immenso valore; non sono finanziabili, eppure hanno ricadute benefiche su tutti gli interessati. Sono i beni relazionali e capire cosa sono è il primo passo per aumentare la qualità del nostro stare insieme.

Una definizione di beni relazionali.
L’insieme dei valori condivisi, delle azioni concertate, l’impegno profuso per la costruzione di percorsi formativi, di attività comuni di stampo educativo, ma anche le operazioni amministrative, archivistiche, la gestione di spazi e tempi comuni, i pasti, gli spostamenti, tutto quello che risulta condiviso e compartecipato, senza finalità di lucro o di profitto nell’associazionismo e nel volontariato rientra nella categoria sociologica dei beni relazionali. È la sociologia a prendere la parola su questo capitale umano gratuito, generoso e generativo che altre scienze umane hanno già variamente definito, rivendicando il diritto a studiare queste forme di aggregazioni secondo le proprie specificità disciplinari. La psicologia, infatti, intende con bene relazionale essenzialmente l’empatia, la condivisione, l’ascolto, la cooperazione, la creazione di relazioni amicali; approcci di tipo economico, invece, accentuano le ricadute pratiche e valutano l’utilità che da tali attività scaturisce; la sociologia, invece, può trattare il tema prescindendo da tagli etici o utilitaristici, riflettendo sull’accezione sociologica del concetto di bene. Bene inteso come una “realtà che soddisfa dei bisogni propriamente umani” e lo fa attraverso la creazione di entità immateriali, costituite dalla rete di relazioni tessute da soggetti, agenti e attori che consapevolmente sono orientati a produrre e fruire di un bene che non potrebbero ottenere altrimenti. La qualità delle nostre reti relazionali è un bene in sé, ma anche per gli effetti che produce; e la sociologia ci aiuta a riflettere integrando approcci solo psicologistici o pedagogici o filosofici. Gli autori annoverano tra i beni relazionali l’amicizia, la famiglia, la cooperativa sociale, l’associazionismo civile o il volontariato, ma solo quando sono in grado di agire secondo le loro finalità cooperative e unitive, perché se disfunzionali rappresentano un male relazionale.

Un bene senza prezzo.
Le reti di associazioni generano beni che non hanno prezzo, ma hanno un valore inestimabile: non si possono comprare, non si possono vendere, eppure generano utili non monetizzabili, costosi da produrre secondo un criterio meramente economico; inoltre contribuiscono alla buona tenuta del tessuto sociale attraverso la capacità di agire nei territori e con i territori, secondo un’ottica di governance e non di government.
Lo stile di gestione fondato sulla partecipazione, sulla valorizzazione dei talenti e delle risorse personali, la condivisione democratica delle decisioni, la non discriminazione dei membri interni su base classista o sessista o razzista sono la premessa per ottenere effetti dalla ricaduta benefica a lungo termine anche sui soggetti esterni. In poche parole, un’associazione, un gruppo di volontariato, una società sportiva o culturale migliorano la qualità del vivere dei contesti in cui sorgono, non avendo come obiettivo il ritorno economico o il profitto monetizzato. Ma la sociologia è ancora più precisa: “Il bene che comportano è un effetto emergente, il quale ridonda a beneficio dei partecipanti senza che nessuno di essi possa appropriarsene da solo”. Ed è questo il valore aggiunto: mai senza l’altro, mai da soli, da monadi, ma in uno spirito di condivisione, in un clima di mutuo scambio che, forse, si potrebbe chiamare fraternità, il terzo termine dimenticato del motto della rivoluzione francese. In più, oltre ai risultati raggiunti, si apprezza anche la soddisfazione, il benessere psicologico derivato che garantisce obiettivi conseguiti con maggiore efficacia e costi minori. Per questo l’economia se ne interessa: perché i beni relazionali non sono numerabili, non sono quantificabili, non usano moneta, ma fruttano e producono. In una prospettiva antropologica è dimostrato che i beni relazionali civilizzano il mercato assai più di tutte le normative specifiche perché contribuiscono ad aumentare il tasso di humanitas. Non si possono generare beni relazionali per forza di legge, né finanziarli con appositi capitali per fondarli perché sono gratuiti, volontari e liberi, coniugano la libertà con la responsabilità, l’efficacia produttiva con la cura.

Le caratteristiche distintive dei beni relazionali.
Identità sociale e personale dei partecipanti: l’identità implica il reciproco riconoscimento, il rispetto, la pari dignità tra interlocutori e la condivisione di valori.
Motivazione non strumentale: il rapporto è caratterizzato da “premura”, cura attenzione all’altro.
Reciprocità, intesa non come do ut des, ma come scambio di tipo simbolico, come affidamento vicendevole.
Condivisione: il bene relazionale può essere fruito solo insieme e si produce solo attraverso la partecipazione, non può essere monopolizzato.
Elaborazione nel tempo: i beni relazionali si costruiscono e crescono nel tempo, inteso come attitudine alla cura prolungata, come assunzione di responsabilità per gli effetti e le ricadute
Riflessività: capacità di valutare le evoluzioni e orientare le trasformazioni relazionalmente. Avere consapevolezza del valore del nostro lavoro, che è essenzialmente uno stare insieme, un fare per il bene in chiave non individualistica e privatistica, fa la differenza: per mantenere sani i nostri rapporti, occorre riflettere sugli atteggiamenti e i comportamenti che aumentano o diminuiscono la qualità della nostra condivisione.

di Antonella Fucecchi, docente di Lettere, redattrice per molti anni di Cem mondialità, esperta di didattica interculturale