Calendario pastorale

Sabato 6 e domenica 7 raccolta alimenti Caritas. Preferibilmente: caffè, biscotti, fette biscottate, pelati, tonno, olio oliva, latte UHT.

Domenica 7 ore 15.00 catechesi gruppi: comunione 1, comunione 3, cresima.
ore 15.00 celebrazione battesimale per gruppo comunione 2 presso la chiesa parrocchiale.

Martedì 9 ore 21.00 catechesi 18/19 enni.

Comunicazioni:

■ Viaggio parrocchiale in Andalusia 17 – 20 ottobre. Iscrizioni entro 8 aprile.
Info sulle locandine (presso le bacheche in chiesa parrocchiale) e sul sito.

■ Oratorio Estivo (10/06 – 12/07): cercasi disponibilità di adulti per: pre-ingresso: apertura e vigilanza (ore 7.30 – 8.45 dal lunedì al venerdì) – preparazione e distribuzione della merenda – servizio al bar (pomeriggio) – pulizie al termine delle attività (ore 17.00) – servizio mensa (distribuzione e pulizia) – servizio in cucina per la preparazione dei pasti
Per info o disponibilità contattare don Romeo entro il 21 aprile.

Ciclo di incontri (on line) sui legami familiari con la dott.ssa Elena Canzi, psicologa, dottore di ricerca, docente dell’Università Cattolica: ore 21.00 il 12 /4 ( e note dell’armonia e dell’amore; vita di coppia e cura del limite); 19/4 ( Mi piaci come sei, solo che ti vorrei diverso; Vita di coppia e cura delle differenze); 17/5 ( Il frutto dell’amore; Vita di coppia e generatività).
Info e iscrizioni su www.chiesadimilano.it/famiglia.

■ Info vacanze estive medie e adolescenti: www.parrocchiadimesero.it.

Dio e il male

Come può esistere il male se Dio è amore assoluto? Forse il più grande dei misteri teologici del cristianesimo, che resta tale, soprattutto se lo leggiamo in rapporto all’innocenza (perché l’innocente soffre e sperimenta il male?)
Nella tradizione cattolica il male è sempre stato pensato come conseguenza del peccato. Ma prodotto da chi? Dal peccato stesso, o da Dio che, estrinsecamente al peccato, decide di castigare il peccatore? Se torniamo a Genesi 3 qualche chiarezza forse si trova. Intanto è innegabile che il male come effetto del peccato si presenti per la prima volta nella Bibbia al versetto 7, subito dopo il peccato dell’uomo, con la vergogna che la coppia prova nel percepirsi nudi, che ribalta Genesi 2,24.
Poi al versetto 8 la paura di Dio, da cui l’uomo stesso si nasconde. Poi al versetto 12, dove si infrange la fiducia nell’altro. Tutto questo senza intervento di Dio. Le parole di Dio, poi, nel versetti 14-19, hanno tutte i verbi all’imperfetto, non all’imperativo, pur possedendo l’ebraico questa forma verbale.
E di solito l’imperfetto ebraico è tradotto col futuro. Non sono perciò azioni che Dio impone come castighi, di cui lui è la causa, ma nelle quali Dio si limita a rivelare all’uomo ciò che lo aspetta a causa del peccato. Infatti le uniche due maledizioni che Dio emette sono contro il serpente e il suolo, non contro i due della coppia.
Il Nuovo Testamento va nella stessa direzione. Gesù Cristo non castiga mai i peccatori che incontra. Se la prende violentemente con chi non si riconosce peccatore, ma non li castiga. Su 24 passi in cui nella Bibbia si parla del castigo di Dio, solo due sono del Nuovo Testamento e nella 1 Lettera di Giovanni c’è un passo che dice esattamente il contrario.
Luca 13,1-5 sta lì proprio a dire che non esiste collegamento tra castigo di Dio e male sperimentato. Il magistero, dal canto suo è altrettanto chiaro: “(Gli uomini) hanno peccato. È così che nel mondo è entrato il male morale, incommensurabilmente più grave del male fisico. Dio non è in alcun modo, né direttamente né indirettamente, la causa del male morale. Però, rispettando la libertà della sua creatura, lo permette e, misteriosamente, sa trarne il bene” (310-311).
La risposta sembra chiara, il male non è opera di Dio, ma è effetto inevitabile dell’azione di peccato che l’uomo compie. Ancora Luca 13,1-5 ci offre proprio questa indicazione: è il peccato a produrre la morte. In altre parole, non è Dio che ci castiga, ma siamo noi che compiamo un’azione che ha, di suo, per la struttura di quella stessa azione, un effetto maligno, che produce male, a noi, agli altri, al mondo. E questo, per essere compreso nella sua portata così drammatica, come la realtà ci mostra, ha bisogno di essere letto a partire dall’essere stesso delle cose, sul piano ontologico.
Se il peccato è un tentativo impossibile di essere ciò che non si è, il male allora è una sottrazione di “essere” che si viene a produrre in conseguenza di questo tentativo. Il peccato riduce l’essere, mio, degli altri, del mondo. Apre una voragine, crea una mancanza nell’essere, sottrae amore possibile, porta via vita a me, agli altri, al mondo. Il male non è tanto qualcosa che ha una vera consistenza ontologica, che ha “l’essere” effettivamente, ma invece qualcosa che “manca di essere”, che corrode l’essere in direzione della sua nullificazione.
Il male tende a non essere. Ed esiste solo ed esclusivamente in forza di quel poco di bene che ancora al suo interno alberga, come ricerca depravata dell’amore. Si rende percepibile perciò in quelle forme di vita che ci rimandano al “non essere”, la sofferenza e la morte, ma che sono così drammatiche proprio perché al loro interno continuano ad albergare tracce di vita, di essere, di amore che non vogliono “non essere” più.
Di fronte al male, Dio continua ad amare pazzescamente l’uomo. Il testo più evidente è proprio quello che spesso viene invocato come primo atto in cui Dio castiga, la cacciata dal paradiso terrestre. “Il Signore Dio disse allora: «Ecco l’uomo è diventato come uno di noi, per la conoscenza del bene e del male. Ora, egli non stenda più la mano e non prenda anche dell’albero della vita, ne mangi e viva sempre!». Scacciò l’uomo e pose ad oriente del giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada folgorante, per custodire la via all’albero della vita”. (Gen 3,22.24).
È lampante che Dio agisce per evitare che l’uomo metta le mani anche sull’albero della vita. Un’azione preventiva sul futuro, non retributiva del passato. A meno che non vogliamo pensare che Dio lo faccia per invidia nei confronti dell’uomo, per la paura di essere spodestato dall’uomo, il suo gesto ha solo un’altra lettura possibile: è per evitare all’uomo di provare a completare l’opera del peccato.
È un gesto protettivo, non punitivo. È un gesto misericordioso, che mette l’uomo nella condizione di nuocere un po’ meno a sé stesso e agli altri. Allo stesso modo pure il gesto con cui costruisce le tuniche alla coppia è perché possano vivere senza paura e vergogna, proteggendoli dagli effetti del peccato. Così pure le parole che anticipano le fatiche e i sudori della vita, sono parole che servono all’uomo perché abbia coscienza di ciò che l’aspetta e così possa affrontarlo meglio.
Gesti e parole di Dio che tendono a proteggere l’uomo nelle sue varie relazioni. Come mai? Perché Dio sa che il peccato e il male si diffondono per relazione. La trasmissione del peccato per via di generazione, non è altro che un caso tra i tanti di contagio relazionale del peccato. Il mio atto di amore perverso che vorrebbe “rubare” per me un brandello di felicità limitata, produce in me l’amarezza di non essere riuscito ad avere abbastanza vita, amore, essere.
E quando qualcuno o qualcosa entra in relazione con me, questa mancanza che mi porto dentro, si riversa in quella relazione e io tendo a “rubare” anche all’altro quel pezzo di “vita” che cerco e non ho. Essere al mondo significa essere esposti al male, comunque, perché siamo in relazione. Resta però vero che noi non siamo in grado di avere il quadro complessivo di tutte le relazioni e dei loro effetti mortiferi prodotti. Perciò non sappiamo dire perché proprio quella persona lì stia soffrendo, pur se innocente. (vedi Giobbe!)
Solo se Dio negasse il valore della libertà umana e ne bloccasse gli effetti perversi delle sue azione peccaminose, il dolore innocente sarebbe evitabile. Ma Dio, ovviamente, non può negare ciò che ha fatto, non può pentirsi di aver creato l’uomo libero e capace di amore, a sua somiglianza. Perciò non può intervenire, quando noi vorremmo, a “correggere” gli effetti nefasti delle nostre scelte libere. Ecco perché il male ha possibilità di propagarsi nel mondo, fino alle conseguenze più atroci e indicibili che purtroppo l’uomo ha visto nel corso della storia.

Gilberto Borghi

Calendario pastorale

Domenica 24 ore 15.00 catechesi gruppo comunione 1 ( 2^ el) .
ore 14.30 Partenza cresimandi per incontro con l’Arcivescovo a S. Siro.

Comunicazioni:

Viaggio parrocchiale in Andalusia 17 – 20 ottobre. Iscrizioni entro 8 aprile.

Oratorio Estivo (10/06 – 12/07): cercasi disponibilità di adulti per: pre-ingresso: apertura e vigilanza (ore 7.30 – 8.45 dal lunedì al venerdì) – preparazione e distribuzione della merenda – servizio al bar (pomeriggio) – pulizie al termine delle attività (ore 17.00) – servizio mensa (distribuzione e pulizia) – servizio in cucina per la preparazione dei pasti.
Per info o disponibilità contattare don Romeo.

Il cammino pasquale

Dio è amore, è ciò che emerge dalle scritture, è ciò che ha rivelato Gesù nei suoi gesti e nelle sue parole.
L’amore si realizza quando fa riferimento alla maniera di amare di Cristo e dello Spirito santo, che sono i due rivelatori del Padre. Ora, l’amore di cui stiamo parlando ha sempre una dimensione pasquale: una dimensione del sacrificio, dell’oblazione e una dimensione del superamento del limite, della morte, che si dà nella risurrezione.
Ne è traccia lo sviluppo liturgico del triduo pasquale: dal giovedì santo, il giorno della comunione e della condivisione di Gesù con i discepoli (dove però già c’è il germe del male espresso nel tradimento di Giuda); al venerdì santo, il giorno della sofferenza e della morte; al sabato santo, il giorno del lutto e del silenzio, fino ad arrivare alla domenica della risurrezione. Ne emerge una consapevolezza che nasce anche da uno sguardo sapienziale dell’esperienza della vita: l’uomo sa che tutto ciò che è bello, buono, nobile e giusto si realizza in mezzo a difficoltà e ostacoli e resistenze, per poi compiersi e realizzarsi assumendo così la dimensione pasquale.
La via dell’amore guidata dallo Spirito non passa mai dal giovedì santo alla domenica di Pasqua, saltando il venerdì e il sabato santo, bensì invece includendo questi due momenti.
L’esperienza comune del vivere, infatti, ci conduce alla considerazione che il cammino del bene, dell’amore, della vita buona, conosce non solo le primavere, ma anche qualche giorno d’inverno, se non anche qualche lungo inverno. L’amore, dunque, ha una dimensione pasquale: si compie passando attraverso cadute e prove.
L’uomo fa di tutto per evitare la via pasquale, ma ogni tentativo prima o poi gli si presenta come un’illusione, davanti alla quale occorre ritornare ad invocare il dono dello Spirito.
Infatti, anche storicamente, l’opera di Gesù è stata compresa e accettata dopo la Pentecoste solo grazie allo Spirito Santo.
Il cammino del triduo pasquale, che ci porta alla Pasqua senza però dimenticare il venerdì e il sabato, ci conduce ad una verifica della mentalità nel senso spirituale.
La verifica della mentalità nel senso spirituale consiste nel vedere se riesco a comprendere che la via che porta alla vera vita è il triduo pasquale del Signore, intendendo così che la via della croce ( la via del dono, del servizio) è la via della risurrezione.
Oppure se penso ancora che nella vita per realizzarsi bisogna avere successo, potere, essere considerati, affermare le proprie idee, essere applauditi, essere sani e ricchi, esercitare una certa forza per imporsi ed essere riconosciuti, farsi servire anziché servire.
Ci doni il Signore di poter vivere il cammino pasquale, liturgicamente espresso nel triduo pasquale, per poter plasmare sempre di più in tutti noi quella mentalità spirituale che ci conduce a vivere l’esperienza dell’amore nella forma del dono e del servizio.
E’ proprio questa la forma dell’amore che contempla già in essa l’esperienza della vita vera che non muore mai, la vita che appartiene alla Pasqua di Gesù.
Concludiamo con le parole di papa Francesco in una sua catechesi sul Padre Nostro: “Dio, per amore, può portarci a camminare su sentieri difficili, a sperimentare ferite e spine dolorose, ma non ci abbandonerà mai. Sempre sarà con noi, accanto a noi, dentro di noi. Per un credente questa, più che una speranza, è una certezza. Dio è con me”.

Buona Pasqua e buon triduo pasquale!
dRomeo