Il coraggio di interrogarsi: parte 2

Riflettere sulle dieci Parole (Decalogo) consegnate da Dio a Mosè per il suo popolo, vuol dire tra l’altro rendere coscienza che Dio ha pazienza con noi… non ci dice tutto in una sola volta, in una parola soltanto, ma si adatta alla nostra lentezza e durezza di comprendonio.
Anche Gesù, “la” Parola del Padre per eccellenza (il Verbo, il Figlio unigenito che rivela compiutamente il volto e il cuore di Dio) per farsi conoscere si è manifestato nel tempo, è entrato nella storia (prima nelle profezie, poi fisicamente, poi – misteriosamente ma realmente – nel suo corpo che è la Chiesa). Fattosi uomo si è messo al passo degli uomini mortali, ne ha accolto i ritmi, i limiti (per esempio, mentre era sulla terra in carne ed ossa come noi, aveva bisogno di mangiare, bere, dormire… non si è allontanato gran che dalla regione in cui è nato, parte l’esilio forzato in Egitto). Però ha invitato i discepoli, tutti (non solo i dodici apostoli), a staccarsi (nel cuore) dalla loro solita vita e ad andargli dietro: solo seguendo Lui si arriva a Dio!
Anche noi non dobbiamo fermarci alle prime difficoltà nel capire ciò che Dio ci rivela… in riferimento ai dieci comandamenti non dobbiamo fermarci ai primi o a qualcuno soltanto: dobbiamo continuare nella riflessione e nell’ascolto, perché solo continuando giungeremo alla verità tutta intera, quella che ci “fa liberi”, quella che ci fa vivere da figli di Dio e non più da servi.
Nel vangelo di Giovanni, capitolo 8 al versetto 31, che riascolteremo nella terza domenica di Quaresima, il Signore Gesù dice a quei Giudei che gli avevano creduto: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi».

Continuiamo a interrogarci con coraggio!
Questa volta lasciamoci interpellare (cioè non leggiamo in fretta) dalla seconda Parola di Dio del Decalogo.

N.B.: Sugli scaffali in chiesa potrai recuperare il foglio del primo comandamento.

Don Giuseppe Colombo

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Il coraggio di interrogarsi: parte 1

In un suo scritto il Papa Benedetto XVI afferma che quando, per la prima volta, un essere vivente diede del tu a Dio allora nacque la coscienza umana. In altre parole quando una creatura prese coscienza di sé, di essere creatura, riconobbe il Creatore di fronte a sé. I dieci Comandamenti che troviamo nella Sacra Scrittura ci permettono di rivolgerci a Dio riconoscendo che Egli ci precede nell’iniziativa di parlarci…
Ma teniamo conto che una lunga storia ha preceduto il momento di Mosè sul monte Sinai e già un lungo cammino aveva accompagnato il popolo di Israele. In altre parole il nostro esame di coscienza si inserisce in una continua ricerca di senso che accompagna la nostra esistenza umana. Solo ad un certo punto si riconosce Dio davanti a sé!
E’ vero, Dio precede l’uomo – lo ha creato lui – ma Dio non si impone: pazientemente Egli aspetta che l’uomo lo riconosca. Non “sentiremo” Dio se non attraverso la nostra coscienza…
Ma, noi abbiamo il coraggio di interrogarci? Il rischio, più evidente proprio in tempi di consumismo, è di avere la coscienza annebbiata da sazietà: infatti chi è stordito (da alcol, fumo, droga…) non ha più una percezione chiara della realtà. Anche il digiuno è una caratteristica dell’impegno quaresimale, ma l’obiettivo della quaresima è la “conversione”: rivolgerci verso la Realtà vera adorando l’unico Signore e smettere di stare ripiegati davanti alle immagini (“idoli”).
Prendiamo coscienza che nel creato, come in uno specchio, si riflette l’immagine di Dio… però non basta: solo quando riposiamo nelle braccia del Padre nostro siamo nella pace. Interroghiamoci con coraggio… Riflettiamo!

Don Giuseppe Colombo

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