Cosa vuol dire questa espressione? Cosa ci sta dietro a questa dizione che va molto di moda nella Scuola pubblica? «È un passo verso l’indistinzione, rendere identici aspetti che sono diversi. Di fronte a casi di bambini in una certa situazione andranno risolti problemi specifici. Ma non capisco perché si inserisca un elemento che ha una portata culturale ben più ampia, perché questo vuol dire mettere nell’indistinto il padre e la madre, il paterno e il materno. È un’operazione culturale molto seria e non può essere barattata così per una questione burocratica. Allora bisogna avere il coraggio di affrontarla nel suo fondamento. Ritengo che sia una tattica, una piccola furbizia per raggiungere passo per passo un certo obiettivo». Eugenia Scabini è presidente del Comitato scientifico del Centro di ateneo studi e ricerche sulla famiglia dell’Università cattolica e professore a contratto di Psicologia dei legami familiari. E riflette sulla vicenda della modifica della voce padre-madre con genitore 1-genitore 2 nei moduli di iscrizione nelle scuole dell’infanzia e dei nidi del Comune di Milano. A Mesero questa mentalità non potrà trovare spazio finché la Scuola Materna sarà gestita dalla Parrocchia. Non possiamo accettare questa cultura “di genere” che appiattisce tutto e cancella le differenze sessuali e gli apporti educativi con relative responsabilità. Recentemente l’Episcopato polacco e del Triveneto hanno pubblicato rispettivamente dei documenti che parlano chiaro e prendono le distanze da queste forme “moderne” di intendere la cultura di genere e le sue manifestazioni, senza dimenticare i pericoli e i rischi per le generazioni che verranno. Teniamo dritte le antenne, anche se in questi tempi i problemi più gravi sono altri!