Avvento significa vegliare

“Vegliate in ogni momento!”, ci comanda il Signore. L’esatto contrario della vigilanza è la noncuranza. L’Avvento è il tempo dell’uomo e della donna che lottano contro lo spirito della noncuranza, che si manifesta in tanti e diversi modi. Si manifesta come indifferenza e insensibilità ver-so le persone, come superficialità nei rapporti, disinteresse verso le situazioni e i momenti, inconsapevolezza del peso delle parole e del valore del linguaggio, incuria degli oggetti, trascuratezza dei luoghi. La noncuranza prende la forma della dimenticanza, della mediocrità assunta a canone, della trascuratezza che, a lungo andare, amareggiano la vita propria e quelle altrui. La negligenza, le piccole e reiterate omissioni, poco a poco, erodono il desiderio fino ad annientarlo. La noncuranza è di chi ha uno smisurato amore per sé. Esistere solo per sé stessi porta a non vedere l’altro, non riconoscerlo per quello che è, condannarlo all’irrilevanza, fino a toglierli la vita senza ucciderlo. Come credente, come posso attendere il Signore se non mi accorgo di chi mi vive accanto? «State attenti a voi stessi», ammonisce il Signore, ossia vegliate su voi stessi, «che i vostri cuori non si appesantiscano, in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita». Il cuore appesantito, la dissipazione e l’ottundimento mentale sono forme di estraniazione dall’altro, di indifferenza, di noncuranza, di disinteresse di tutto e di tutti. Al contrario, vegliare significa opporsi tenacemente all’incuria esercitando il desiderio di vedere volti e ascoltare voci, finanche di animali e di cose. Veglia e attende colui che non si stordisce alienandosi dalla realtà, ma ha cura e interessamento per tutti e tutto. Aver cura significa riconoscere il valore di ogni singola persona e di ciascuna relazione. Vuol dire riservare grande attenzione alla singola parola, al gesto più semplice e quotidiano, parole e gesti che, giorno dopo giorno, fanno una vita. Veglia chi dichiara che nulla e nessuno gli è estraneo, e rinuncia a dire: «Non mi interessa». «Vegliate in ogni momento!», ci comanda il Signore. Ma si può anche fingere di vegliare. Simulare la vigilanza è ipocrisia: all’esterno mostrarsi vigilante, ma dentro dormire. L’esatto contrario della vigilanza è l’ipocrisia, la falsità, l’insincerità, la finzione e la doppiezza. Colui che veglia è l’opposto dell’ipocrita, perché per vegliare oc-corre essere tutto lì dove si è, senza escludere nulla di sé. L’attitudine interiore della vigilanza domanda l’interezza e non la doppiezza. I comportamenti personali diventano comportamenti sociali e prendono il nome di conformismo, perbenismo, moralismo. Demandare ad altri è l’esatto contrario del vigilare. Non vigilare è delegare, invece di assumere in prima persona la responsabilità, la scelta, l’onere. Per essere vigilanti è necessario essere liberi da sé stessi e dal giudizio degli altri. Infatti, l’opposto dell’ipocrisia è la libertà. «Il tuo volto Signore, io cerco, non nascondermi il tuo volto»: come si può pregare dicendo di cercare il volto del Signore quando nascondiamo il nostro vero volto agli altri?

Goffredo Boselli – monaco, liturgista

Visita Natalizia alle famiglie

Lunedì 25/11                    Grandi – Cavour – Piemonte – Brigate di Dio – Meucci
Martedì 26/11                  Magenta – Turati – Colombo – Caduti sul lavoro
Mercoledì 27/11              S. Pellico N. 41
Giovedì 28/11                   S. Pellico N. 41 – 45
Venerdì 29/11                  S. Pellico N. 45 N. 57 – 87

Lunedì 2/12                      D. Milani – 2 Giugno – M.te Grappa – S. Pellico (inizio fino N. 17)
Martedì 3/12                    M.te Bianco – Bixio – Novara
Mercoledì 4/12                Fra Gerolamo – Crespi
Giovedì 5/12                     Kennedy
Venerdì 6/12                    Matteotti – P. Gemelli

Calendario pastorale

Domenica 24/11 ore 15.00 catechesi dell’iniziazione cristiana.
Inizio della catechesi per comunione 1 ( 2^ elem.)

Venerdì 29/11 Lectio divina adulti. la parabola di Tobia, a cura dell’Azione Cattolica decanale. Ore 21.00, parrocchia Madonna Pellegrina (San Martino di Bareggio). Relatore: don Cristiano Passoni.

Sabato 30 e Domenica 1/12. Raccolta alimenti Caritas. Preferibilmente: biscotti, caffè, tonno, pelati, legumi (fagiolini, fagioli, ceci, lenticchie, piselli), latte UHT.

2 – 3 – 4 /12 ore 20.45 Esercizi spirituali di avvento 18/19 enni e giovani: “Gli toccò il mantello… sii guarita da tuo male” . Santuario Madonna Addolorata di Rho.

Martedì 3/12 Pastorale diocesana dei nonni. Incontro on line alle ore 2045 : “Ogni situazione è un’occasione” – Incontrarsi per imparare a vivere una fede matura. Quali frutti?- Con mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la vita. Iscrizioni su www.chiesadimilano.it/famiglia

Giovedì 5/12 ore 21.00 Incontro in videoconferenza dell’ Area Omogenea, ciclo “Pillole di riflessione”, con Rodolfo Balzarotti (critico d’arte e direttore scientifico della William G. Congdon Foundation): “La Natività di William Congdon”. Sala Portaluppi – oratorio di Boffalora

Domenica 8 ore 15.00 catechesi iniziazione cristiana.
ore 15.15 Incontro formativo adulti presso la chiesa parrocchiale (cappella laterale).

Mercoledì 11 ore 14.45 catechesi adulti + presso l’oratorio.

Avvisi:

Domenica 15 /12 Pranzo natalizio, offerto dalla parrocchia, per tutti coloro che a diverso titolo prestano un servizio in parrocchia. Dare nominativo per la partecipazione entro lunedì 9 presso al cartoleria Zoia o in parrocchia.

Ss. Messe Natale: Martedì 24/12 ore 17.30 – 21.00. Mercoledì 25/12: ore 10.00. Giovedì 26                (S. Stefano) ore 10.00.

Ritagli di riflessione

«Non rallegratevi perché i demoni si sottomettono a voi, rallegratevi piuttosto che i vostri nomi sono scritti nei cieli» (Lc 10,20): gioia vera e gioia falsa.

Gesù si rivolge qui a una precisa categoria di persone, gli apostoli e annunciatori del vangelo, come singoli e come comunità, spesso tentati di cercare la gioia nel posto sbagliato, o in modo falso e illusorio.
I settantadue sono appena tornati da un’esperienza apostolica «pieni di gioia» (Lc 10,17) per i loro successi, perché sta andando tutto meravigliosamente bene; Gesù conferma l’evento, fors’anche compiaciuto, ma si premura, creando in loro un salutare dubbio, di ricordare a ognuno che fonte della vera gioia dell’apostolo non sono le imprese apostoliche, il consenso della folla o dei vari poteri, i numeri di quanti ti seguono o l’entusiasmo di chi ti applaude né la spettacolarità degli interventi che attirano le folle e nemmeno una certa efficienza e riuscita con relativa “resa” dei nemici (Satana compreso…), ma tutt’altra cosa, da Gesù espressa con linguaggio figurato-metaforico: «Rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nei cieli». Altrimenti è gioia falsa, effimera e inconsistente, anzi, diabolica.
Il «nome» nella Scrittura è l’identità profonda della persona, e i nomi di coloro che Gesù ha scelto sono «scritti» in cielo: ovvero l’identità della persona non poggia su qualcosa di vago e instabile, di esteriore e apparente, ma è affermata e scritta in modo definitivo nella sua positività, poiché è scritta «in cielo», e il cielo è il simbolo della perennità, in opposizione alla precarietà della terra. Dio, insomma, non solo parla e dice la propria gioia su di noi, non solo ci guarda nel segreto della sua compiacenza illimitata incrociando il nostro sguardo, ma anche «scrive» sul suo cuore il nostro nome, per custodirci nella sua gioia, o proteggerla lui stesso.
(…) E la verità è che i nostri nomi sono scritti nel cielo, ovvero che la nostra identità è già positiva e al sicuro, poiché è “nascosta con Cristo in Dio” ( Col 3,3), è custodita con cura dal Padre…,all’essere sua creatura, da Lui prediletti, chiamati, benedetti…, ci ha scritti sul palmo delle sue mani con l’inchiostro indelebile dell’amore per sempre.

A Cencini, La Gioia, sale della vita cristiana

Avvento significa saper attendere

Senza la beatitudine dell’attesa non sperimenteremo nella sua interezza la benedizione dell’adempimento.
Attendere è mantenere ferma la possibilità di un senso che supera l’evidenza di un presente amaro.

«Celebrare l’Avvento significa saper attendere; l’attendere è un’arte che il nostro tempo impaziente ha dimenticato. Il nostro tempo vuole cogliere il frutto maturo non appena ha piantato il germoglio, ma gli occhi avidi sono ingannati in continuazione, perché il frutto, all’apparenza così prezioso, al suo interno è ancora acerbo e mani irrispettose gettano via con ingratitudine ciò che le ha deluse. Chi non conosce l’acre beatitudine dell’attesa, cioè della mancanza nella speranza, non sperimenterà mai nella sua interezza la benedizione dell’adempimento».
Dietrich Bonhoeffer ha magistralmente riassunto così il significato dell’Avvento ed è da queste parole che inizia la riflessione su questo tempo dell’anno liturgico di don Stefano Brina, monaco dell’abbazia di San Miniato al Monte. Tra le sofferenze causate dalla pandemia e dalle guerre, l’essere umano si trova in un momento di grande smarrimento e paralisi, amplificato in peggio dalla paura. Spesso si sente in una condizione che sembra di non poter controllare, ma solo subire. Allora, che attendere?
Per far maturare i frutti è necessario vivere questo periodo con speranza, con una beatitudine che, anche se segnata dalla mancanza, ci farà provare a pieno il compimento. L’attesa, dunque, diventa attiva, per cercare nel deserto le oasi invece di perdersi in un orizzonte sterile. Così, attendere significa mantenere ferma la possibilità dell’avveramento di un senso che supera l’evidenza di un presente che pare annichilente, significa stare aperti alla prospettiva di essere attesi e non solamente buttati nel mondo. «Non potendo fare ciò che voleva, volle fare ciò che poteva», diceva san Bruno di Querfurt. Allora, cosa fare?

«Celebrare l’Avvento non significa altro che parlare con Dio come ha fatto Giobbe. Significa guardare francamente in faccia tutta la realtà e tutto il peso della nostra esistenza e presentarli davanti al volto giudicante e salvante di Dio, e ciò anche quando non abbiamo come Giobbe alcuna risposta da dare a essi, bensì non ci rimane altro che lasciare che sia Dio stesso a dare la risposta e dirgli come siamo senza risposte nella nostra oscurità».
Seguendo questo pensiero dell’allora don Jozeph Ratzinger, nel periodo di Avvento possiamo prenderci un attimo di tempo e, nel silenzio, aprirci alla presenza di Dio. Staccando dai soliti pensieri per ascoltare il proprio cuore, proviamo, partendo dalla realtà così come la viviamo, a valutarla e vederne il senso e la verità ipotizzando il Suo sguardo su di essa. Strumenti utili sono le letture e il Vangelo del giorno, che ci offrono, anche concentrandosi su un solo versetto o poche parole, significati che si possono collegare alla nostra vita. Queste piccole ma profonde consapevolezze vanno ripescate in ogni circostanza che affrontiamo nelle occupazioni quotidiane, consci che stiamo scavando un pozzo nel nostro cuore da cui raccogliere acqua viva per il cammino.