La catena del latte

In questo articolo ritorna la Caritas parrocchiale. Ci si è resi conto che con i mesi estivi (da giugno, con molta probabilità) si presenterà la necessità di avere a disposizione un certo quantitativo di litri di latte UHT per venire incontro alle famiglie assistite. Pensiamo di lanciare la proposta della CATENA DEL LATTE, e cioè di costituire un pool di famiglie, un gruppetto di famiglie disponibili a fornirci un litro di latte al mese (la prima domenica del mese). I dettagli dell’iniziativa saranno precisati prossimamente in un apposito volantino informativo.

Caritas: indumenti usati

Ci è giunto in questi giorni un appello da parte di Caritas Ambrosiana circa la raccolta di indumenti.
Ecco la lettera:

“Le Cooperative Sociali promosse dalla Caritas diocesana gestiscono sul territorio della Chiesa milanese il progetto di recupero indumenti usati finalizzato al raggiungimento di tre obiettivi importanti:
1. una seria e concreta opportunità per creare nuovi posti di lavoro per le cooperative sociali e non profit che coinvolgono persone dell’area del disagio sociale;
2. un’occasione di educazione contro il consumismo usa e getta, con particolare attenzione al riciclaggio come forma di trasformazione dello spreco in risorsa;
3. uno strumento capace di generare risorse economiche finalizzate alla realizzazione di servizi socio-assistenziali, sanitari ed educativi rivolti a persone in situazione di disagio.
Nell’intera Diocesi il progetto coinvolge 7 Cooperative Sociali (riunite sotto il marchio della Rete R.I.U.S.E. – Raccolta Indumenti Solidale ed Etica) dando lavoro a circa 60 persone e consentendo il recupero di circa 8.000 tonnellate di indumenti usati ogni anno. La Cooperativa incaricata del servizio per la nostra zona pastorale di Rho è la SPAZIO APERTO.
Dal 1998 ad oggi, grazie al lavoro di queste persone, è stato possibile destinare circa 2 MILIONI DI EURO a progetti di solidarietà promossi dalla Caritas Ambrosiana in Diocesi di Milano. Lo scorso anno sono stati erogati ben 290.000,00 euro! I cittadini non pagano nulla per questo servizio e con un semplice gesto innescano un circolo virtuoso fatto di lavoro regolare, relazioni umane e servizi di accoglienza.
L’attività di raccolta indumenti ha però registrato nel corso degli ultimi anni notevoli difficoltà.
Si moltiplicano nuovi soggetti che posizionano cassonetti per la raccolta indumenti su suolo pubblico e privato; molti di essi riportano marchi e loghi di associazioni ed ONLUS a cui sarebbero destinati parte dei proventi derivanti dalla vendita degli indumenti raccolti. Nessuno di loro è caratterizzato dalla completa gestione NO-PROFIT che invece caratterizza il servizio proposto dalla Caritas Ambrosiana attraverso le sue cooperative sociali. Questi soggetti posizionando i cassonetti sul territorio – riducono i quantitativi dalle nostre cooperative ed in alcuni casi arrivano ad offrire denaro ai Comuni per avere l’esclusiva della raccolta su alcuni territori.
Siamo pertanto in difficoltà e chiediamo aiuto a tutti i Parroci che ancora non hanno un cassonetto su suolo parrocchiale, affinché concedano il permesso di installarne almeno uno al fine di garantire alla Cooperativa territorialmente competente di rendere sostenibile economicamente il servizio, garantendo così il posto di lavoro a chi attualmente svolge la mansione di svuotamento dei cassonetti. Benché molti cassonetti siano di colore giallo, è necessario precisare che i cassonetti per la raccolta indumenti NON SONO TUTTI UGUALI,
solo i cassonetti Caritas riescono infatti a “DONARE VALORE” sociale, occupazionale, ambientale e solidaristico ai capi che vengono donati.
Alcuni Parroci nutrono timori in merito alle possibili ripercussioni sul decoro e la pulizia delle aree in cui si installano i cassonetti, purtroppo gli atti vandalici sono un dato oggettivo, ma possiamo comunque garantire alcune strategie che riducono al minimo tale problema (posizione adeguata, due o tre svuotamenti settimanali, immediata disponibilità a risolvere situazioni critiche, disponibilità a ritirare il cassonetto se la problematica risultasse particolarmente grave …). Tutti i cassonetti installati sono del tipo SICURCASS-01 certificati in materia di sicurezza. Infine, nel 2014 la Caritas diocesana realizzerà il “Premio del valore donato”: le tre Parrocchie di ciascuna Zona pastorale che faranno registrare il maggior peso pro-capite di indumenti conferiti nel cassonetto, riceveranno un contributo rispettivamente di € 500,00, 300,00 € e 200,00 € da destinarsi al Centro di Ascolto della Caritas parrocchiale”.
Dopo questo scritto di Caritas ambrosiana, rassicurati dalla sicurezza del cassonetto e dal tempestivo servizio di svuotamento o di criticità, abbiamo pensato di adottare un cassonetto nei pressi dell’entrata del Centro di ascolto Caritas Mesero in via papa Giovanni XXIII, 5.

Caritas parrocchiale

Nel numero 120 dell’info.Mesero sono state ringraziate diverse persone che sono intervenute nella raccolta alimentare Aiutaci ad aiutare. Ora è tempo di dare qualche resoconto sempre in merito alla raccolta di alimentari dello scorso 15/16 marzo. E’ stata raccolta la somma di 40,00: queste offerte incrementano sensibilmente il “portafoglio” del centro di ascolto, cassa che finanzia l’acquisto di prodotti “freschi”, cioè di quei prodotti che arricchiscono le borse alimentari date alle famiglie in difficoltà. Sono stati raccolti 554 kg di pasta, 292 kg di riso, 511 scatole di pelati, 70 litri d’olio, 663 lattine di legumi, 455 scatolette di tonno, 172 litri di latte, 82 scatolette di carne, 142 vasetti di omogeneizzati, 78 vasetti di marmellata, 181 kg di biscotti, 61 confezioni di the, 135 di caffè, 62 kg di zucchero, 141 confezioni di diverso genere (come farina, succhi di frutta, sottaceti, polenta, budini, torrone, panettoni…). Questo solo per dire i volumi più grossi e significativi, poi abbiamo avuto anche chi ci ha donato vasetti di nutella (4) e di miele (4) e tante altre cose.
I nostri volontari si sono attivati presso i centri di grande distribuzione (supermercati) locali, ma sono sorte difficoltà di assegnazione da parte dei direttori di questi magazzini, anche se potrebbero avere dei prodotti in scadenza o malauguratamente lesionati nella confezione e non nella qualità, per loro tutto questo costituisce una difficoltà nell’assegnazione alle Caritas. Il banco alimentare sta conoscendo una grave crisi e non è in grado di sostenere i centri di prossimità come avveniva in passato. Ci viene incontro una rete di informazioni e collaborazioni tra i centri di ascolto, anche se questo canale deve ancora consolidarsi.
A margine di questi problemi organizzativi, mancano comunque i volontari che possono tenere in ordine il nostro magazzino e lavorare dietro le quinte in contatto diretto con il Centro di ascolto. Chi volesse e potesse dare una mano si presenti il mercoledì sera in Caritas o telefoni al num 0297289681 (presto sarà attiva anche una segreteria telefonica). Le persone assistite dalla Caritas sono casi discussi in sede dai volontari del Centro di ascolto. Gli operatori Caritas, che hanno svolto un corso di formazione appositamente predisposto, considerano una serie di indicatori di sofferenza economica e familiare in stretto rapporto con l’Assistente sociale del Comune. Di certo il problema più evidente è la mancanza di lavoro, che stabilisce una ridotta capacità economica se non del tutto assente, anche se, a ben guardare, le vere cause sono spesso altrove (in molti casi si registra una certa superficialità nel gestire il proprio budget familiare, i propri bisogni, le utenze…). Questo vale per gli Italiani come per gli stranieri. In questi ultimi due anni il nostro Centro di ascolto ha stabilito un buon rapporto con il Centro di ascolto di Marcallo e, prossimamente, con le attività caritative della Parrocchia di Boffalora: anche qui il nostro appartenere all’area omogenea di Marcallo con Casone, Mesero e Boffalora si fa sentire cercando di coordinare attività e aiuti, oltre alle informazioni necessarie.

Anniversari di matrimonio

La famiglia conosce tante prove, crisi, cadute ma anche un grande riscatto, fatto di fedeltà reciproca,
di fede, di conquista e di rilancio sempre rimotivato: è il momento di fare festa per gli anniversari di Matrimonio.
L’amore tra coniugi, la fedeltà degli sposi, il frutto dei figli, il tempo vissuto insieme e le tappe del cammino sono il frutto della Pasqua di Cristo che ogni anno si rinnovano e si impastano con le storie personali delle coppie di sposi che celebrano un particolare anniversario della loro vita matrimoniale e familiare.
Il primo gesto consiste nel dire un GRAZIE dentro il quale c’è gioia, qualche fatica, qua e là qualche sofferenza, e momenti di serenità vissuti insieme. Lo esprimeremo venerdì 25 aprile in Chiesa parrocchiale davanti all’Eucaristia esposta alle ore 21.00. Al termine i membri della commissione di pastorale familiare chiederanno ai festeggiati di fermarsi un attimino per qualche comunicazione veloce.
Poi viene il momento del CELEBRARE, cioè del dire la gioia, dare fiato alla festa, celebrare la potenza del Signore risorto che in noi ha scelto i suoi strumenti per dire l’Amore e diffonderlo. Tutti i festeggiati sono attesi in Chiesa alle ore 10.15. Seguirà la celebrazione della Messa durante la quale si rinnoveranno le promesse matrimoniali e verranno benedetti le fedi nuziali. Al termine un simpatico ricordo e un rinfresco nella sala dell’Oratorio San Giovanni Bosco.

Domenica 27 Aprile: canonizzazione

Non è difficile scoprire chi sarà riconosciuto Santo (canonizzato)!
Domenica 27 aprile, Papa Francesco ufficialmente dichiarerà Santi due Papi che molti di noi hanno conosciuto e amato: Papa Giovanni XXIII (il Papa buono) e Giovanni Paolo II. Due giganti della storia, due Papi che hanno lasciato un’impronta indelebile nella vita della Chiesa.

Sono stati pubblicati in questi tempi diversi libri, uno in particolare è stato rieditato dall’allora segretario personale di Giovanni Paolo II, l’attuale Arcivescovo di Cracovia, il Cardinale Stanislaw Dziwisz. Ecco che cosa ha detto poche settimane fa il nostro Arcivescovo all’Università cattolica di Milano: «In questo libro, scritto con originalità, ho ritrovato la freschezza, la capacità propositiva, il sorriso del Papa ed è tornata con forza nel mio cuore la sua tensione piena alla santità». Ha poi proseguito: «Ho avuto tante occasioni di incontrare Giovanni Paolo II, come rettore della Pontificia Università Lateranense e preside del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per gli Studi su matrimonio e famiglia, come Vescovo e Patriarca di Venezia», ricorda. «La Canonizzazione, richiamando la parola “Canone”, ossia una regola di vita, ci provoca a interrogarci di persona e comunitariamente su cosa sia l’essere cristiani oggi. Un santo è il riconoscimento che Gesù Cristo in persona è stato all’opera durante tutta la vita di colui che viene canonizzato in modo tale che in lui possiamo vedere il Signore stesso, l’incarnazione vivente, il prolungamento dell’evento di Gesù Cristo».
Come a dire, i santi ci sono sempre vicini – e lo sarà Giovanni Paolo – per reggere, sorreggere e, se necessario, correggere il nostro cammino. Da qui alcuni elementi del futuro Santo, che il Cardinale sottolinea: «Wojtyla con la sua fede, la sua vita, la sua missione, aveva legato strettamente la causa del Vangelo alla causa dell’uomo, il primato di Dio alla centralità della persona. Questa è l’attitudine profonda del testimone. Basti pensare alla forza con cui seppe rimettere in auge la Dottrina sociale svalutata anche da una parte dei cattolici. E così, parlando di diritti dell’uomo, facendosi suo testimone, propose quei contenuti con un linguaggio amante di tutti i fratelli. Wojtyla ci ha mostrato che la Chiesa non è per sé, ma per la missione, per far trasparire Cristo, luce delle genti». Il pensiero del Cardinale va anche alla capacità che fu del Papa polacco, giovane vescovo al Vaticano II, di tradurre nella quotidiana pratica ecclesiale, il Concilio. «Straordinaria la sua capacità di essere in relazione intima con Cristo. Ciò che colpiva era la sua relazione con Dio. Ricordo – aggiunge il Cardinale – che nel mese di febbraio 1979 rimasi sconvolto dalla modalità con cui celebrava Messa, immergendosi totalmente nel sacrifico di Cristo, nell’evento della Trinità. Penso anche alla recita dell’Angelus che poteva durare 10 o 15 minuti, tanto era il suo rapimento in Dio». E, poi, l’auspicio: «I santi sono la forma nel magma della nostra vita che ci invitano a eliminare il superfluo, per andare al cuore. La Canonizzazione ci consente di pregare i santi perché intercedano per noi presso Dio. Sarebbe bello che riscoprissimo anche una forma di intercessione “orizzontale”, nei nostri rapporti umani di tutti i giorni. Chiediamo, in questa occasione che la Chiesa ci dona, che i due Santi siano realmente sostegno per la nostra vita personale, comunitaria e universitaria».
Il rettore dell’Università Cattolica, Franco Anelli, richiama «la vicinanza di Wojtyla all’Università Cattolica avendo potuto arricchirci di uno sguardo benevolo e paterno che egli sempre ebbe per l’Ateneo come luogo di elaborazione del pensiero», fin dai tempi in cui il futuro Pontefice era professore alla “Cattolica” di Lublino, «università che oggi porta il suo nome e con cui manteniamo stretti legami», spiega. E se per il direttore della Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali, Lorenzo Ornaghi, il Papa fu appunto «l’uomo della libertà, capace di coniugare in modo straordinario esistenza e missione», per il giornalista Luigi Geninazzi che conobbe il vescovo di Cracovia nei primi anni ottanta, «molto è ancora da dire e da scoprire nel pontificato e nella stessa vita di Giovanni Paolo II».
Corrispondente di “Avvenire” in Polonia, Geninazzi non ha dubbi: «in ventisette anni di pontificato, uno dei più lunghi della storia, egli fu il primo leader globale del mondo, autorità riconosciuta anche dai non credenti. Credo, tuttavia – sottolinea – che siamo chiamati a guardare a questa figura in modo diverso, non solo ad ammirare tutto ciò che ha fatto, ma a chiederci perché lo ha fatto». E che l’uomo Wojtyla fosse «persona maestosa e cordiale, che suscitava grande fascino, al cui potere magnetico è impossibile resistere », se ne era accorto, forse tra i primi, anche padre Congar che lo aveva conosciuto giovane vescovo al Concilio. «Era impressionante vederlo pregare, era visibilmente conquistato da una presenza invisibile. Era un mistico, un contemplativo d’azione. Il comunismo ha iniziato a crollare, non nel 1989, ma dieci anni prima quando un uomo vestito di bianco in visita alla sua Polonia, ancora comunista, disse che una società senza Dio non può resistere alla storia»
Insomma, un Papa – ma anzitutto un uomo di Dio – della libertà cresciuto con la libertà dei figli di Dio che aveva fiducia nell’uomo e nella misericordia del Padre: non a caso la Canonizzazione avverrà la Domenica della Divina Misericordia, da lui istituita. Il filmato con la visita a un vescovo polacco amico ricoverato presso il Policlinico “Gemelli”, a sole 24 ore dall’elezione al Soglio di un Papa giovane e spiritoso e le immagini
dell’incontro a Milano, appunto in “Cattolica”, con gli studenti e i docenti il 23 maggio 1983, mentre gli striscioni rossi e bianchi di Solidarnosc sventolano tra i chiostri, sono un commovente ritorno al passato che non è passato. Come il legame, lungo e coltivato nel tempo con l’Università tutta. Lo illustra la studiosa Maria Bocci che parla di un rapporto nato fin da Cracovia, costruito, poi, negli anni – a marzo 1977 il vescovo Wojtyla fu a Milano presso l’Ateneo – soprattutto grazie all’amicizia con Giancarlo Brasca. E, naturalmente, non si possono dimenticare i ricoveri al Policlinico “Gemelli”, che portarono qualcuno a definirlo “Vaticano 3”. Ed è appena il caso di notare che, a nemmeno due mesi dall’elezione, nell’Aula Nervi, il Papa ricevette oltre settemila studenti della “Cattolica”. In tutto furono tredici gli incontri ufficiali cui si aggiungono udienze private e i messaggi della Giornata Universitaria.
L’ultimo incontro nel novembre del 2000, con quell’augurio che rimane «si instauri tra voi un impegno dell’intelligenza con quello di un’autentica esperienza cristiana». «Questo incontro per me che è stato manifestazione di affetto per Giovanni Paolo II, per l’eredità che ci lascia», conclude Svidercoschi. «Eredità della sua testimonianza umana e intellettuale, della Chiesa che lui ha plasmato. Nell’eredità di Wojtyla c’é molto di Francesco.