Anniversari di Matrimonio

Festeggiare gli anniversari di Matrimonio è un gesto di profonda riconoscenza al Signore per il dono della vita, dell’amore, del matrimonio e della famiglia. Vorrei formulare una serie di riflessioni che prendo in prestito da un intervento di don Mirko Bellora (prevosto di Vimercate). Don Mirko rivolgendosi alle coppie della sua Parrocchia che come noi hanno fatto festa per lo stesso motivo diceva un anno fa: “Voglio esprimervi un decalogo.
Un decalogo che sogno possa essere una bussola utile non solo per le coppie festeggiate oggi ma anche per ciascuno di voi presente a questa Eucarestia:
1. Tenere Dio in casa come ospite fisso: sfrattare Dio da casa sarebbe uno degli sbagli più gravi. Dio unisce, Dio fortifica. Dio, poi, è l’unica garanzia che neanche la morte vi separerà.
2. Pregare insieme: “le mie idee cambiano quando prego” (Bernanos). La preghiera insieme insegna a comprendersi, a essere fedeli, a perdonarsi, a ricominciare, ad amare come amava Gesù. Se le coppie pregassero di più insieme, renderebbero il loro legame molto più forte, molto più difficile da spezzare.
3. Guardare in positivo: cercare di cogliere le doti e i desideri dell’altra/o prima che le sue mancanze o i suoi limiti.
4. Sedersi: occorre fermarsi, dialogare, darsi tempo: Bisogna essere accoglienti,avere il cuore come una “comoda poltrona”in cui l’altro possa sedersi, rilassarsi, sentirsi a suo agio,capito, ascoltato, accolto. (Nico Dal Molin).
5. Tacere: tanti cortocircuiti nascono perché la lingua parla quando è troppo calda. Lasciate passare qualche ora; poi parlate pure!
6. Sorridere: il sorriso è una magia. Toglimi il pane, se vuoi, toglimi l’aria, ma non togliermi il tuo sorriso. (Pablo Neruda).
7. Mettere la fantasia al potere: un fiore, un regalo,un invito a cena fuori… arrivare prima a casa… (avvisando!…) per dire no all’abitudine e alla monotonia. “L’abate stava a sedere sul treno, in faccia aveva un uomo e una donna di mezza età, così indifferenti l’uno all’altra da far pensare che fossero sposati (Bruce Marshall).
8. Coltivare la tenerezza: siete sposati da diversi anni ma restate sempre fidanzati. Ascoltate il saggio: Dimmi spesso che mi ami, con parole, gesti, azioni. Non credere che lo sappia già. Forse ti sembrerò imbarazzata/o e negherò di averne bisogno. Ma tu non credermi, fallo lo stesso.
9. Perdonare: il perdono non è debolezza, il perdono è l’amore umano che si fa divino, il perdono risveglia la scintilla di amore che è nascosta in ogni uomo, ci rende leggeri e nuovi.
10. Tenere le porte aperte agli altri: Quando il mondo della coppia arriva solo fin dove arriva l’uscio di casa allora si finisce col morire di asfissia. Si disimpara ad amare, dimenticandosi che i simboli del cristiano e della Pentecoste non sono le pantofole e la camomilla ma il vento e il fuoco”.
Allora esprimiamo alle coppie che quest’oggi festeggiano con noi il loro anniversario di matrimonio un AUGURIO GRANDE, grande quanto il cuore del Signore, perché la loro vocazione è quella di amare come il Cuore di Cristo, quanto il Cuore di Gesù sulla croce, con le mani di Gesù che lavano i piedi di Pietro e curano gli occhi dei ciechi del Vangelo! Auguri!

Cristo è veramente Risorto!

E’ mattino di Pasqua! C’è come un fremito nei racconti della risurrezione, il fremito del correre di Pietro e di Giovanni. Si dice che corsero. E uno, il più giovane, più veloce dell’altro. Ma, ancor prima di loro, ci fu il correre
di Maria, la donna di Magdala: il fatto che si sia recata al sepolcro di buon mattino, quando ancora era buio, dice molto del desiderio, dell’amore, del correre del desiderio.
E forse una prima preghiera che ci potrebbe nascere in cuore, leggendo le Scritture, potrebbe essere questa: che non venga meno questo correre. E che la vita non sia un dormire ad occhi spenti. Che la Chiesa non sia a passi lenti o chiusa nell’immobilità dei cenacoli. Che la Chiesa ritorni, le case ritornino, ognuno di noi ritorni ad essere la donna del mattino di Pasqua. La suggestione del correre, l’apertura sconfinata del desiderio si accompagna nel racconto dei vangeli al filtrare di una luce fatta di silenzi e di parole sussurrate. Non c’è l’invadenza dell’apparizione, non c’è una luce sfolgorante che ti vince e ti piega.
Forse dovremmo più a lungo sostare su questa modalità che Dio ha scelto. Dio non sceglie a caso. Dentro le sue scelte abita un pensiero. Perché non ha voluto, per quel suo figlio morto in croce, una modalità diversa, imponente, come avremmo voluto e scelto noi? Perché la non spettacolarità del morto che esce dalla tomba? Perché Dio ha scelto che nessuno lo vedesse uscire?
La risurrezione di Gesù è una voce silenziosa, non grida, non si impone, si propone. Come la fede, la fede vera. Chiede un abbandono a questi piccoli segni, per alcuni insignificanti! Segni che parlano mortalmente dalla notte, a chi sa uscire di casa, come Maria di Magdala.
Che cosa vede Pietro? Che cosa vede Giovanni alla fine della lunga corsa del desiderio? Pietro vide le bende e il sudario per terra. Bende e sudario per terra, che ci rimangono nella mente e nel cuore come il simbolo della sconfitta della morte. Sono segni inerti, per terra, in disparte, segni disabitati. Dio abita altrove! Abita nella vita, Dio. Dio non è nei segni di morte! Dio è nei segni di vita!
E’ risorto il crocifisso, ha ritrovato la vita colui che ha dato la vita. Più forte della morte è la vita. L’amore in eccesso, in sproporzione, l’amore che sulla Croce sembrava perdente, ha vinto, ha sconfitto la morte.
E allora va, Maddalena, va dai tuoi fratelli e dì questo: che non vince la morte, ma vince l’amore.
Dillo coi tuoi gesti e non solo con le parole. Dillo con la tua tenerezza. Ora tocca noi. A ciascuno di noi dire che è risorto! Dillo anche tu! Dillo con i tuoi gesti e non solo con le parole! Dillo con la tua tenerezza: che più forte della morte è l’amore!

Il primo Angelus di Papa Francesco

Il Signore non si stanca mai di perdonarci; impariamo anche noi a essere misericordiosi con tutti». Questo il punto centrale del saluto rivolto da Papa Francesco agli oltre 100 mila fedeli accorsi domenica 17 marzo in Piazza San Pietro per partecipare al suo primo Angelus.
«È bello incontrarci, salutarci, parlarci di domenica, giorno del Signore, in una piazza che, grazie ai mezzi di comunicazione, ha le dimensioni del mondo»: così ha esordito il Pontefice prima di commentare il brano di Vangelo della V Domenica della Quaresima romana, quello in cui Gesù salva l’adultera dalla lapidazione. «Gesù non disprezza l’adultera, non la condanna – ha osservato Papa Bergoglio -. Ha per lei parole di misericordia. Una misericordia che invita alla conversione». «Il volto di Dio è quello di un padre misericordioso ha ribadito il Pontefice –. Ha pazienza con noi, ci comprende, non si stanca di perdonarci se sappiamo tornare a Lui».
Poi Papa Francesco ha citato un libro del cardinale Walter Kasper sulla misericordia: «La misericordia cambia il mondo, rende il mondo più giusto. Noi dobbiamo capire bene la misericordia di Dio». E per sottolinearlo
ha ricordato il suo incontro, da Arcivescovo di Buenos Aires, con una donna, «anziana, umile», che voleva confessarsi perché «il Signore perdona tutto». «Avrei voluto chiederle se aveva studiato alla Gregoriana – ha aggiunto Papa Francesco -, perché questa è la vera sapienza!». Dopo l’Angelus il Pontefice ha voluto riprendere questi concetti: «Il Signore non si stanca mai di perdonarci; siamo noi, piuttosto, che ci stanchiamo di chiedere perdono… E invece dobbiamo imparare anche noi a essere misericordiosi con tutti».

Lasciatevi riconciliare con Dio

Continuiamo a raccogliere indicazioni e riflessioni per arricchire la nostra Quaresima e renderla un itinerario denso di richiami al lasciarsi riconcilaire con Dio. Prendiamo spunto quest’oggi dall’omelia del nostro Vescovo che all’inizio della Quaresima ha detto: “Satana sottopone il Signore Gesù ad un crescendo di attacchi, dal più grossolano al più elevato, giungendo a provocarlo nella Sua relazione costitutiva con il Padre.
Satana, colui che divide, cerca di inoculare un germe di divisione nel cuore stesso della Trinità: «Se tu sei il Figlio di Dio» (Vangelo, Mt 4,3 e 6) hai il potere di volgere a tuo vantaggio le leggi della natura stabilite dal Padre. E pretende di distogliere l’adorazione del Figlio dal Padre per dirigerla su di sé «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai» (Vangelo, Mt 4,9). Come ho scritto nella Lettera pastorale la tentazione (prova) documenta la nostra condizione di precarietà. Gesù ha voluto conoscere questa esperienza per insegnarci come viverla.
Anche noi beneficiamo, in Gesù Cristo, dell’identità di figli di Dio (siamo figli nel Figlio). Questo significa che per trionfare sulla tentazione che sempre tende a separarci dal Padre, la strada è una sola: aderire con tutto il nostro essere a Gesù, il Figlio. Arrivare, con la grazia dello Spirito a dargli del “Tu”.
«Ogni atleta è disciplinato in tutto; essi lo fanno per ottenere una corona che appassisce, noi invece una che dura per sempre. Io dunque corro, ma non come chi è senza meta; faccio pugilato, ma non come chi batte l’aria» (Epistola, 1Cor 9, 25-26). L’uomo cammina quando sa dove andare. La fede dà senso (significato e direzione) alla nostra esistenza, in tutte le circostanze ed rapporti: In Cristo Signore nostro si nutre la fede di chi digiuna, si rianima la speranza, si riaccende l’amore» (dal Prefazio).
La Quaresima, per la Chiesa di Milano, si struttura in maniera abbastanza precisa già a partire dall’epoca di Sant’Ambrogio, nello scorcio finale del IV secolo, quando la società si andava progressivamente convertendo
al cristianesimo e molti pagani chiedevano il Battesimo. La Quaresima nacque proprio come tempo in cui i catecumeni si preparavano a ricevere il Battesimo nella veglia pasquale. Per questo essa assunse un forte carattere battesimale, oltre a quello penitenziale. «La Chiesa ha l’acqua e le lacrime: l’acqua del Battesimo, le lacrime della Penitenza» (Ambrogio, Epistula extra collectionem, 1 [41], 12, dal CCC, 1428).
Chiediamo al Signore che lungo il cammino penitenziale di questa Quaresima, la Sua grazia rinnovi in noi il dono del Battesimo. In questo tempo favorevole – attraverso la preghiera, la pratica della Via Crucis, il digiuno, la carità – trovi spazio nel nostro cuore l’invocazione evangelica al Dio vicino: «Signore io credo, ma tu aiuta la mia incredulità». Amen.

Lasciatevi riconciliare con dio

Domenica scorsa, nell’inserto di Avvenire dedicato alla nostra Diocesi, è stato pubblicato un articolo firmato dal nostro Vicario Generale, Mons. Mario Delpini. Qui di seguito vi diamo un’ampio stralcio: “La fede è incontro personale con Gesù e decisione di affidarsi a lui per avere speranza di vita, per avere vera conoscenza di Dio, per riconoscere la verità di noi stessi.
Gesù rivolge a tutti coloro che si lasciano raggiungere dalla sua parola l’invito a rinnovare l’alleanza con Dio: questa è la sua missione. Egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro… Tutto questo però viene da Dio che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione (cfr 2Cor 5,15.18).
Come scrive Papa Benedetto XVI: «La Chiesa, che comprende nel suo seno peccatori ed è perciò santa e insieme sempre bisognosa di purificazione, avanza continuamente per il cammino della penitenza e del rinnovamento. La Chiesa “prosegue il suo pellegrinaggio fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio”, annunziando la passione e la morte del Signore fino a che egli venga (cfr 1Cor 11,26). Dalla virtù del Signore risuscitato trae la forza per vincere con pazienza e amore le afflizioni e le difficoltà, che le vengono sia dal di dentro che dal di fuori, e per svelare in mezzo al mondo, con fedeltà anche se non perfettamente, il mistero di lui, fino a che alla fine dei tempi esso sarà manifestato nella pienezza della luce». L’Anno della fede, in questa prospettiva, è un invito a un’autentica e rinnovata conversione al Signore, unico Salvatore del mondo. Nel mistero della sua morte e risurrezione, Dio ha rivelato in pienezza l’Amore che salva e chiama gli uomini alla conversione di vita mediante la remissione dei peccati (cfr At 5,31) (Porta Fidei,6).
La Chiesa ha dunque ricevuto il ministero della riconciliazione e perciò mi rivolgo a tutti i fedeli all’inizio di questo tempo di Quaresima per rinnovare l’invito dell’apostolo: lasciatevi riconciliare con Dio! Nella lettera pastorale Alla scoperta del Dio vicino, il Cardinale Arcivescovo ha introdotto il tema scrivendo: «Con lo sguardo costantemente rivolto al Padre Gesù ha vinto le tentazioni e ne è uscito corroborato. Su questa strada siamo chiamati a seguirlo. È una strada di conversione. (…) Non di rado, infatti, cediamo alle tentazioni e pecchiamo. Per iniziare l’Anno della fede domandiamo con umiltà la grazia del perdono che ci dispone al cambiamento» (n. 11). Tutte le molteplici vie della riconciliazione hanno principio nella speranza offerta dalla promessa di Dio che offre a tutti perdono e pace e nel riconoscimento di aver bisogno di essere perdonati, sanati, recuperati a pienezza di vita. Le vie della riconciliazione sono molte e coinvolgono tutti. Sappiamo quale sia il digiuno gradito a Dio: è operare la giustizia e soccorrere i bisognosi. Un appello al pentimento e a riparare il male compiuto deve essere rivolto in modo particolare a coloro che hanno commesso ingiustizia sfruttando il lavoro altrui, sperperando il denaro pubblico, cercando un ingiusto vantaggio personale nell’esercizio di un servizio alla comunità. In questa Quaresima rivolgiamo una attenzione più esplicita alle celebrazioni diocesane in cui l’Arcivescovo farà risuonare con rinnovata insistenza l’invito alla riconciliazione con il Dio vicino e segnaliamo alcuni percorsi di riconciliazione che coinvolgono maggiormente la vita delle nostre parrocchie, in quanto incidono sulla vita delle famiglie e sull’organizzazione pastorale”.