Il mese di novembre, sentito perlopiù come un tempo malinconico, inizia in realtà nel modo migliore, con la celebrazione della solennità di tutti i santi. San Bernardo di Chiaravalle dice: “Per parte mia devo confessare che, quando penso ai santi, mi sento ardere da grandi desideri”. I desideri e la santità? Possono stare insieme? Certo! La vita dei santi è una esistenza riuscita, compiuta, spesso passata attraverso prove. Se compresa bene, la santità è un ideale profondamente desiderabile al cuore dell’uomo e della donna anche del nostro tempo. Pensiamo solo a due santi canonizzati un anno fa: Madre Teresa di Calcutta, che ha saputo incarnare la misericordia di Dio attraverso una compassione profonda per tutte le persone emarginate; Ludovico Pavoni, che ha unito attenzione sociale, educativa e professionale. Quante figure stupende ha la nostra Chiesa! Gianna Beretta Molla, Enrichetta Alfieri, Luigi Monti, Carlo Gnocchi, Luigi Monza, Luigi Talamoni e tanti altri. La solennità di tutti i santi ce li fa ricordare “insieme”, cioè come “comunione dei santi”. Infatti, una vita santa è sempre una “vita in relazione”. L’amicizia tra i santi è uno spettacolo di umanità. Questo ci ricorda che anche noi siamo fatti non per la solitudine ma per vivere in comunione gli uni con gli altri. Da questa solennità discende una luce potente anche sulla commemorazione di tutti i defunti (2 novembre). Pensiamo ai nostri cari “passati all’altra riva”, preghiamo per loro, andiamo a far loro visita al cimitero, sostenuti dalla grande speranza che ha animato la vita dei santi: Gesù, crocifisso e risorto, ha vinto il male e la morte. Il filosofo Gabriel Marcel affermava: “dire ad una persona: ti amo, è come dire: tu non morirai”. Perché l’amore vince la morte. La speranza cristiana ha l’audacia di credere nella “risurrezione della carne”. E’ ’annuncio che tutto quanto abbiamo vissuto in questa vita non andrà perduto, sarà trasfigurato in Dio; ritroveremo i volti che abbiamo amato. I santi sono stati mossi da questa speranza; per questo hanno vissuto “alla grande” e ci invitano a fare lo stesso.
Paolo Martinelli
Vescovo e Vicario episcopale