“Qualche emiro che compra una Ferrari lo troverò sempre. Ma se il ceto medio finisce in miseria, chi mi comprerà le Panda?” disse Sergio Marchionne, sapendo che lavoratori e consumatori sono le stesse persone. Il pensiero di questo fuoriclasse dell’attuale sistema capitalista globale, che univa alle doti manageriali chiare visioni storiche e politiche, pone domande ultime sul futuro.
Ergo, allargando questo presagio: se continuano a ridursi i posti di lavoro, quali consumi sosterranno le produzioni e quindi le economie? E’ un circuito logico e se si rompe il punto di equilibrio prima o poi va a catafascio. E’ quindi interesse delle imprese collaborare a rimuovere i limiti che potrebbero distruggere i mercati. Interessi che sono legati alla giustizia sociale e morale. I nodi e le contraddizioni che la politica e i sistemi economici sono chiamati a risolvere sono diversi, ma connessi. I paesi occidentali ipersviluppati sono sempre più saturi di produzioni che faticano a smaltire perché diminuiscono i lavoratori-consumatori.
Viceversa alcuni continenti, l’Africa in primis, sono in boom demografico alimentando forti migrazioni causate dal loro sfacelo strutturale. Flussi che spaventano, pur sapendo che per certi versi rappresentano una ricchezza per sostenere gli equilibri socio-economici della “inciabattata” Europa. Da un lato, occorre far crescere il lavoro per sostenere i consumi, dall’altro lo sviluppo tecnologico e il calo demografico causano l’effetto contrario e l’arrivo di “migranti” causa paure.
Per uscire da questo cortocircuito, Papa Francesco sollecita a recuperare il fine dell’Economia cioè che le imprese tornino a perseguire il bene per tutti e non solo per gli azionisti, riconoscendo che il lavoratore è il bene più prezioso (capitale umano) su cui investire. I soldi, quelli veri, si fanno con il lavoro e non con i soldi; ovvero la finanza torni ad essere supporto all’economia reale. Bisogna che le imprese recuperino la loro responsabilità sociale, perché il mero meccanismo dei mercati non basta a generare la redistribuzione della ricchezza. Occorre reinvestire gli utili in buona occupazione, sostenere le economie dei territori ove si opera pagando le giuste tasse e non eludendole.
Occorre che lo slogan “aiutiamoli a casa loro” diventi virtuosamente “aiutiamoci nella casa comune” investendo nello sviluppo stabilizzante dei Paesi sottosviluppati e creando sistemi di flussi migratori legali, ordinati e sicuri. I mezzi non mancano per riordinare l’ingrovigliata matassa, ma occorre visione, coraggio e volontà politica. Più diritti e lavoro per tutti oltre che giusti, son doveri convenienti.
“Abbiamo bisogno di lavoro e genio creativo per un nuovo ordine economico” indica il Papa.
Alberto Mattioli