Siamo prossimi alle feste di “Tutti i Santi “ e alla “Commemorazione di tutti i fedeli defunti”. Un tempo liturgico che ci riporta al tema della morte e del destino della vita. Gesù ci ha detto che “nell’aldilà” c’è subito Lui, cioè Lui è l’approdo dell’esistenza umana. Se dopo la morte c’è Cristo, allora ci si incontra con Lui immediatamente. Il valore di un uomo dipende dalla sua vicinanza o lontananza dall’archetipo, dal modello dato all’umanità, che è Cristo. Al momento della morte, quando gli occhi si chiudono, gli occhi si aprono e si vede se si è vicini o lontani da Cristo: questo è il giudizio. Cristo è la misura e il giudizio è il prendere coscienza di quanto si è conformi a Cristo o di quanto si è difformi a Cristo. Nel passaggio dalla morte alla vita eterna si pone la questione del Purgatorio, troppo spesso identificato dalla pietà popolare come un piccolo inferno. Va detto invece che il Purgatorio non è un piccolo inferno, ma l’anticipazione del Paradiso. Il cardinale Schuster diceva che il Purgatorio è come un corso di esercizi spirituali: uno riflette, pensa, vede le cose sbagliate che ha fatto, gli dispiace, si purifica… proprio anche con quel po’ di rossore che gli viene dalle cose che ha fatto. Potremmo pensare che il significato del Purgatorio sia prendere coscienza delle cose non buone fatte durante la vita terrena, come un cammino di purificazione della libertà. Il Purgatorio è, per usare un’immagine, il varcare la soglia per entrare al cospetto di un personaggio illustre: uno indossa l’abito bello, si è già sistemato, ma ancora cerca di mettersi in ordine: gli ultimi ritocchi per entrare definitivamente alla festa. In questo momento di purificazione, la Chiesa non può non essere all’opera nel passaggio del morire in Cristo, mediante il suffragio per i defunti nell’eucarestia (“ Ricordati …, di tutti i defunti che affidiamo alla tua clemenza”), mediante il rito funebre (il funerale) e la preghiera devozionale (il rosario).
Chi muore è “già” nella piena relazione con il Signore e tuttavia mantiene molti legami con la nostra vita nel tempo; il suo passaggio dalla morte alla vita nuova ha molte ragioni di relazione con il cammino ecclesiale e con la storia universale degli uomini. Cosa vuol dire, allora, acquisire meriti, o applicare i meriti di Cristo, ad esempio per una persona cara che ci ha lasciati attraverso le intenzioni della messa o la preghiera? Significa una cosa molto bella: mettere in circolo l’amore di Dio, ri-presentare quella persona dentro alla circolazione di amore gratuito tra me, lui e Cristo: per mezzo di Gesù, la persona che amiamo, viene “ri-presentata” a Dio e il suo amore la raggiunge. Con questo non si “causa” nessun guadagno espiatorio o di riscatto, né a me, né a lui. Nemmeno si “muove” il cuore di Dio da una posizione di oblio e di durezza ad una di attenzione e amore verso di me o verso quella persona, come se Dio se ne fosse dimenticato. Al contrario, Dio ha sempre presente tutte le persone, ma si “commuove” vedendo che il Suo amore si realizza attraverso l’intercessione per i defunti così come per i viventi.
d.Romeo