Il virtuale non può bastare

Il digitale sta cambiando la nostra antropologia. Occorre ritrovare la gioia di guardarsi negli occhi. Nell’epoca attuale, in cui regnano l’ansietà e la fretta tecnologica, compito importantissimo delle famiglie è educare alla capacità di attendere. Non si tratta di proibire ai ragazzi di giocare con i dispositivi elettronici, ma di trovare il modo di generare in loro la capacità di differenziare le diverse logiche e di non applicare la velocità digitale ad ogni ambito della vita» (AL 275). Così Francesco in “Amoris Laetitia” accompagna i genitori dei ragazzi “nativi digitali” nella sfida di educare, illuminando l’abilità di saper attendere, per entrare pienamente in relazione. Il cuore non batte al ritmo del computer o di Whatsapp. Spesso per costruire relazioni di comunione c’è bisogno di tempi distesi, superando malintesi e asperità. Gli strumenti tecnologici e le nuove vie di comunicazione digitale costituiscono un’opportunità preziosa per accorciare le distanze geografiche. Talvolta, però, il vero problema è la sensazione di distanza rispetto a chi è a un passo da noi.
Il compito prezioso di un papà e di una mamma oggi è quello di spalancare la gioia che regala stringere tra le mani un bimbo di carne arrivato in famiglia da pochi giorni, o abbracciarsi dopo una lite divisiva, o semplicemente guardarsi negli occhi fra marito e moglie esprimendo un amore intraducibile con le faccine delle “emozioni”. E tutto questo vale più di mille like sui social. Come diceva san Paolo VI, «la società tecnologica ha potuto moltiplicare le occasioni di piacere, ma essa difficilmente riesce a procurare la gioia». Quando leggi nello sguardo dell’altro che l’amore è contraccambiato, sia tra amici e ancor più tra sposi o familiari, ciò genera sensazioni sconosciute a chi conosce solo il freddo vetro dove scorrono relazioni virtuali. La velocità del digitale è un’opportunità solo se non diventa un rifugio per evitare gli incontri reali, bisognosi di cura e dedizione.
Secondo recenti studi, in Italia oltre 300 mila ragazzi soffrono di dipendenza dagli strumenti digitali. La vita frenetica sta cambiando la nostra struttura antropologica, producendo un mare di solitudine. Per questo, alcune coppie di sposi decidono di non avere figli, pur essendo in età fertile. E spesso compensano il vuoto con la cura di un animale domestico.
Ma poiché questi animali restano abbandonati molte ore del giorno, si stanno diffondendo dei robot che giocano con loro, provando a smorzarne la tristezza. Così un automa farà compagnia al cane da compagnia.
Così si sta impoverendo e disumanizzando la vita. Per questo, quando una famiglia con passeggini e bimbi al seguito percorre un luogo pubblico, subito catalizza l’attenzione, risvegliando una nostalgia di umanità sana. La cura delle relazioni familiari richiede molti sacrifici, ma apre a un orizzonte di luce.
Molti coniugi testimoniano che «le gioie più intense della vita nascono quando si può procurare la felicità degli altri, in un anticipo del Cielo» (AL 129).

don Paolo Gentili, responsabile Pastorale della famiglia della CEI.

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