Un nuovo anno e il Natale di Gesù

Ci prepariamo ad entrare in un nuovo anno e guardando il nostro mondo stretto nei suoi problemi economici, con i suoi fatti di cronaca che ci lasciano sempre più perplessi, con i suoi modelli di relazione che ci fanno sentire sempre più sospettosi e sempre più in difensiva verso l’altro, con il suo linguaggio urlato che cerca poco la verità ma si preoccupa più della notorietà ( e si possono citare molti altri esempi), dentro tutto questo un senso di rassegnazione e di dubbio attanaglia il nostro cuore. All’improvviso, in modo silente, nel nostro cuore sorge anche un dubbio: ma Dio può venire ancora? Possiamo ancora credere al Natale, alla venuta di Uno che, se accolto e ascoltato, può farci entrare in una storia nuova, migliore?
Per rispondere a questo dubbio poniamo un’ altra domanda: in quale storia Gesù è venuto? La storia in cui fece ingresso Gesù è una storia normalissima, con tutti gli scandali e le viltà che si incontrano tra gli uomini, con tutti i progressi ed i buoni propositi, ma anche con tutte le colpe e le bassezze: una storia estremamente umana. Se prendiamo la genealogia di Gesù nel vangelo, le quattro donne menzionate sono quattro testimonianze della colpa umana. Tra di esse troviamo Rahab, che con uno stratagemma fece avere Gerico in mano agli israeliti; la moglie di Uria della quale Davide si impadronì con adulterio e omicidio. Le cose non sono diverse neanche con gli uomini: né Abramo, né Isacco, né Giacobbe sono figure ideali; non lo è il re Davide e neppure il re Salomone. Infine incontriamo anche dei tiranni, come Achaz e Manasse, il cui trono è bagnato di sangue di persone innocenti uccise. E’ una storia tetra quella che conduce a Gesù, non certo senza speranze e momenti positivi, ma in complesso una storia di miseria, di colpa e di fallimento. E’ questo l’ambiente in cui può nascere il Figlio di Dio? – ci verrebbe voglia di domandarci. La scrittura risponde: sì.
Il Natale non è il risultato dell’ascesa dell’uomo, ma della discesa di Dio.
Abbiamo bisogno del Natale, non tanto quello del ricordo della grotta di Betlemme, ma il Natale di cui parla il tempo di avvento: la venuta di Gesù nella gloria, la venuta del suo regno. Il cristiano è chiamato a partecipare e farsi portatore di questa speranza: del regno dei cieli che viene e verrà. Di questa venuta non possiamo descriverne la traiettoria. Non possiamo sapere come sarà fra cinquant’anni, fra cent’anni; l’essenziale è credere al Regno e sapere che viene e verrà.
In questa attesa e in questa speranza noi vediamo solo uno spazio limitato del tempo. Anche nella nostra stessa vita vediamo uno spazio limitato: sappiamo che si presenteranno momenti di salute, di malattia, di fatica, ecc.. ma non sappiamo quando. L’attesa non può che nutrirsi della fiducia illustrata dalla pagina della genealogia prima citata: tutta la storia con i suoi disordini, con i suoi alti e bassi, è una testimonianza della fedeltà di Dio, che mantiene la sua parola malgrado tutti i fallimenti, nonostante tutta l’indegnità degli uomini. Così, anche la mia storia, con tutti i suoi alti e bassi, può essere il luogo del Natale di Dio.
A noi è lasciata la possibilità di far entrare nella nostra vicenda umana quel Gesù di cui narrano i vangeli. A noi è lasciato far sì che Egli diventi il riferimento vero e autentico per il nostro cammino, perché siamo sempre più coscienti che senza Gesù non possiamo costruire la casa solida sulla roccia e che abbiamo sempre più bisogno di essere sostenuti nel camino della vita.
Buon Natale e buon Anno nuovo!

Don Romeo

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