Sulla Speranza (parte seconda)

Cosa è la preghiera?

Il giusto modo di pregare è un processo di purificazione interiore che ci fa capaci per Dio e, proprio così, anche capaci per gli uomini» (n. 33). «Nella preghiera entriamo in comunione con … la vita stessa di Dio, colui che realmente è, viene in noi per questa porta». Allora, «dobbiamo restare nella preghiera, il più a lungo possibile, affinché la sua forza invincibile penetri in noi e ci renda capaci di resistere a ogni influenza distruttiva. Quando dentro di noi sorgerà questa forza, rifulgerà in noi la gioia della speranza nella vittoria definitiva». Ma se oggi è difficile sperare, c’è da dire che non risulta facile nemmeno pregare. Si possono dire tante preghiere e attivare tante devozioni, ma la preghiera vera, quella che si fa accoglienza della vitalità di Dio nella propria vita e che quindi coinvolge il cuore, non è facile. Pertanto, ritrovare il cammino verso il proprio cuore, dove ognuno porta, secondo la mirabile espressione di Pietro, «l’uomo nascosto» (1Pt 3,4), cioè, ciò che costituisce la nostra realtà più profonda e più vera, è il compito più importante dell’uomo. Là Dio ci parla e a partire di là possiamo anche noi parlare agli uomini».

La preghiera esperienza tra abbraccio e silenzio di Dio.

Tutto sembrerebbe risolto, perché nella preghiera, a volte, abbiamo l’impressione della carezza di Dio che ci accompagna, ma, poi, sperimentiamo, anche, che non è sempre così perché, pur pregando, ci troviamo spesso di fronte ai drammi della vita e di fronte a Dio che tace. Allora si affaccia la tentazione di smettere di pregare e di sperare. Non dobbiamo meravigliarci, questa difficoltà affiora anche nella preghiera biblica, nei Salmi. Ma in essi è presente un filo rosso che educa a resistere nel cammino di fede, a pregare e a sperare. Sono significativi, in merito, i Salmi 42 e 43, dove si intrecciano preghiera e speranza e sono espresse nel ritornello che ritorna tre volte e che dà un tono a tutto il salmo: «Perché ti rattristi, anima mia, perché ti agiti in me? Spera in Dio: ancora potrò lodarlo, lui, salvezza del mio volto e mio Dio» (Sal 42,6.12; 43,5). In questo salmo è presente un desiderio vitale verso Dio e nello stesso tempo l’esperienza della sua assenza, potremmo ancora dire, dei ritardi di Dio.(…) Il salmo, quindi, si presenta come una metafora della vicenda umana e della speranza cristiana. L’imperativo della speranza nella seconda parte del ritornello: «Spera in Dio: ancora potrò lodarlo, lui, salvezza del mio volto e mio Dio», non è un invito a rifugiarsi in Dio, scavalcando o chiudendo gli occhi sulle sofferenze presenti, ma è un invito a vivere il presente, aprendosi al Dio della salvezza. Nella prospettiva di questo salmo, sperare comporta la conversione dell’orientamento del cuore, per cui l’orante non fissa più con sguardo nostalgico il passato (Sal 42,5), ma si volta e guarda fiducioso verso il futuro. La speranza poggia sulla parola di Dio e il suo cammino è illuminato e guidato dalla Parola che in Gesù si è fatta carne e ha trovato il suo compimento. Sperare nella parola di Dio è rendere la Parola operante nella propria vita e nella storia.

Segue ultima parte prossimo info.

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