Messaggio della CEI per la 46 esima giornata della vita

1.Molte, troppe “vite negate”.

Sono numerose le circostanze in cui si è incapaci di riconoscere il valore della vita tanto che, per tutta una serie di ragioni, si decide di metterle fine o si tollera che venga messa a repentaglio. La vita del nemico – soldato, civile, donna, bambino, anziano… – è un ostacolo ai propri obiettivi e può, anzi deve, essere stroncata con la forza delle armi o comunque annichilita con la violenza. La vita del migrante vale poco, per cui si tollera che si perda nei mari o nei deserti o che venga violentata e sfruttata in ogni possibile forma. La vita dei lavoratori è spesso considerata una merce, da “comprare” con paghe insufficienti, contratti precari o in nero, e mettere a rischio in situazioni di patente insicurezza. La vita delle donne viene ancora considerata proprietà dei maschi – persino dei padri, dei fidanzati e dei mariti – per cui può essere umiliata con la violenza o soffocata nel delitto. La vita dei malati e disabili gravi viene giudicata indegna di essere vissuta, lesinando i supporti medici e arrivando a presentare come gesto umanitario il suicidio assistito o la morte procurata. La vita dei bambini, nati e non nati, viene sempre più concepita come funzionale ai desideri degli adulti e sottoposta a pratiche come la tratta, la pedopornografia, l’utero in affitto o l’espianto di organi. In tale contesto l’aborto, indebitamente presentato come diritto, viene sempre più banalizzato, anche mediante il ricorso a farmaci abortivi o “del giorno dopo” facilmente reperibili. Tante sono dunque le “vite negate”, cui la nostra società preclude di fatto la possibilità di esistere o la pari dignità con quelle delle altre persone.

2. La forza sorprendente della vita.

Eppure, se si è capaci di superare visioni ideologiche, appare evidente che ciascuna vita, anche quella più segnata da limiti, ha un immenso valore ed è capace di donare qualcosa agli altri. Le tante storie di persone giudicate insignificanti o inferiori che hanno invece saputo diventare punti di riferimento o addirittura raggiungere un sorprendente successo stanno a dimostrare che nessuna vita va mai discriminata, violentata o eliminata in ragione di qualsivoglia considerazione. Quante volte il capezzale di malati gravi diviene sorgente di consolazione per chi sta bene nel corpo, ma è disperato interiormente. Quanti poveri, semplici, piccoli, immigrati… sanno mettere il poco che hanno a servizio di chi ha più problemi di loro. Quanti disabili portano gioia nelle famiglie e nelle comunità, dove non “basta la salute” per essere felici. Quante volte colui che si riteneva nemico mortale compie gesti di fratellanza e perdono. Quanto spesso il bambino non voluto fa della propria vita una benedizione per sé e per gli altri. La vita, ogni vita, se la guardiamo con occhi limpidi e sinceri, si rivela un dono prezioso e possiede una stupefacente capacità di resilienza per fronteggiare limiti e problemi.

3. Le ragioni della vita.

Al di là delle numerose esperienze che fanno dubitare delle frettolose e interessate negazioni, la vita ha solide ragioni che ne attestano sempre e comunque la dignità e il valore. La scienza ha mostrato in passato l’inconsistenza di innumerevoli valutazioni discriminatorie, smascherandone la natura ideologica e le motivazioni egoistiche: chi, ad esempio, tentava di fondare scientificamente le discriminazioni razziali è rimasto senza alcuna valida ragione. Ma anche chi tenta di definire un tempo in cui la vita nel grembo materno inizi ad essere umana si trova sempre più privo di argomentazioni, dinanzi alle aumentate conoscenze sulla vita intrauterina, come ha mostrato la recente pubblicazione Il miracolo della vita, autorevolmente presentata dal Santo Padre. Quando, poi, si stabilisce che qualcuno o qualcosa possieda la facoltà di decidere se e quando una vita abbia il diritto di esistere, arrogandosi per di più la potestà di porle fine o di considerarla una merce, risulta in seguito assai difficile individuare limiti certi, condivisi e invalicabili. Questi risultano alla fine arbitrari e meramente formali. D’altra parte, cos’è che rende una vita degna e un’altra no? Quali sono i criteri certi per misurare la felicità e la realizzazione di una persona? Il rischio che prevalgano considerazioni di carattere utilitaristico o funzionalistico metterebbe in guardia la retta ragione dall’assumere decisioni dirimenti in questi ambiti, come purtroppo è accaduto e accade. Da questo punto di vista, destano grande preoccupazione gli sviluppi legislativi locali e nazionali sul tema dell’eutanasia. Così gli sbagli del passato si ripetono e nuovi continuamente vengono ad aggiungersi, favoriti dalle crescenti possibilità che la tecnologia oggi offre di manipolare e dominare l’essere umano, e dal progressivo sbiadirsi della consapevolezza sulla intangibilità della vita. Deprechiamo giustamente le negazioni della vita perpetrate nel passato, spesso legittimate in nome di visioni ideologiche o persino religiose per noi inaccettabili. Siamo sicuri che domani non si guarderà con orrore a quelle di cui siamo oggi indifferenti testimoni o cinici operatori? In tal caso non basterà invocare la liceità o la “necessità” di certe pratiche per venire assolti dal tribunale della storia.

4. Accogliere insieme ogni vita.

Nella Giornata per la vita salga dunque, da parte di tutte le donne e gli uomini, un forte appello all’impossibilità morale e razionale di negare il valore della vita, ogni vita. Non ne siamo padroni né possiamo mai diventarlo; non è ragionevole e non è giusto, in nessuna occasione e con nessuna motivazione. Il rispetto della vita non va ridotto a una questione confessionale, poiché una civiltà autenticamente umana esige che si guardi ad ogni vita con rispetto e la si accolga con l’impegno a farla fiorire in tutte le sue potenzialità, intervenendo con opportuni sostegni per rimuovere ostacoli economici o sociali. Papa Francesco ricorda che «il grado di progresso di una civiltà si misura dalla capacità di custodire la vita, soprattutto nelle sue fasi più fragili» (Discorso all’associazione Scienza & Vita, 30 maggio 2015). La drammatica crisi demografica attuale dovrebbe costituire uno sprone a tutelare la vita nascente.

5. Stare da credenti dalla parte della vita.

Per i credenti, che guardano il mistero della vita riconoscendo in essa un dono del Creatore, la sua difesa e la sua promozione, in ogni circostanza, sono un inderogabile impegno di fede e di amore. Da questo punto di vista, la Giornata assume una valenza ecumenica e interreligiosa, richiamando i fedeli di ogni credo a onorare e servire Dio attraverso la custodia e la valorizzazione delle tante vite fragili che ci sono consegnate, testimoniando al mondo che ognuna di esse è un dono, degno di essere accolto e capace di offrire a propria volta grandi ricchezze di umanità e spiritualità a un mondo che ne ha sempre maggiore bisogno.

Calendario pastorale

Domenica 21 Momento formativo per gli educatori del decanato a Magenta: ore 18.00 S. Messa in Basilica – cena – Dialogo con don Aristide Fumagalli: “Educare all’amore”.

Martedì 23 ore 18.45 incontro per educatori, catechisti, aiuto catechisti in occasione della settimana dell’educazione (chiesa parrocchiale – cappella laterale).

Mercoledì 24 ore 21.00 Incontro culturale per l’area omogenea presso la sala mons. Portaluppi a Boffalora: “Parole e immagini per la vita. L’Evangeliario ambrosiano”.
Interviene don Umberto Bordoni, direttore della Fondazione scuole Beato Angelico e della rivista Arte Cristiana.

Giovedì 25 ore 18.45 incontro per educatori, catechisti, aiuto catechisti in occasione della settimana dell’educazione (chiesa parrocchiale – cappella laterale).

Venerdì 26 ore 21.00 presso l’oratorio di Marcallo, in occasione della settimana dell’educazione, incontro per i genitori delle medie e degli adolescenti con il Dott. Alberto Pellai: “Tutto troppo presto. L’educazione affettiva e sessuale per i nativi digitali”.

Domenica 28 ore 15.00 inizio catechesi gruppo comunione 1.
ore 16.00 tombolata in oratorio nella ricorrenza della giornata della famiglia.

Lunedì 29 ore 18.45 incontro per educatori, catechisti, aiuto catechisti in occasione della settimana dell’educazione (chiesa parrocchiale – cappella laterale).

Mercoledì 31 ore 18.00 S. Messa per le diverse figure educative dell’area omogenea e cena in oratorio.
Comunicare la partecipazione alla cena entri il 24 gennaio.

Domenica 4 ore 15.00 catechesi gruppi comunione 2; comunione 3; cresima.

Comunicazioni:

Sabato 3 e domenica 4/02 Raccolta alimenti per la Caritas. Preferibilmente: olio d’oliva – tonno – riso – pelati – latte UHT.

Giovedì 8 ore 10.15 S. Messa con unzione degli infermi (santuario della Famiglia).
E’ sospesa la messa delle ore 8.00.

Quota raccolta durante la visita natalizia alle famiglie e alle ditte: 5094 €.

Fiducia Supplicans – La risposta della Chiesa a una richiesta di sostegno

Leggendo il comunicato stampa del Dicastero per la dottrina della fede in ordine alla ricezione della Dichiarazione Fiducia supplicans, colpisce la quantità di volte in cui ricorre il termine “pastorale”. Vi si auspica un «periodo più lungo di riflessione pastorale»; si richiama la «proposta di brevi e semplici benedizioni pastorali» o ancora di «benedizioni spontanee e pastorali»; si chiede di «arricchire la prassi pastorale». La dimensione pastorale della missione della Chiesa, dalle intuizioni iniziali di Giovanni XXIII attraverso il Vaticano II, ha acquisito sempre maggior importanza e rivendica un suo spazio originale e una sua intenzionalità propria.
Tale ricorrenza quasi ossessiva potrebbe essere interpretata come una strategia per ridimensionare la portata della Dichiarazione o un segno di incertezza riguardo al senso del documento. Ma è più probabile che si tratti di un richiamo all’intenzionalità che animava la Dichiarazione e che riprende una preoccupazione più volte ribadita da papa Francesco: la sfida dell’evangelizzazione, oggi, non consiste nel riaffermare la dottrina tradizionale, peraltro nota e indiscussa; ma neppure nel modificarla, aggiornandola alle mode del tempo. La sfida “pastorale” chiede il coraggio di assumere le situazioni a volte confuse, intricate, incerte in cui si trovano tante persone, cercando di valorizzare il passo possibile, lo spiraglio di cielo che si può aprire nel desiderio implicito o nell’invocazione appena sussurrata di un gesto di sostegno e benevolenza.
Ciò che è emerso dalle varie reazioni alla Dichiarazione è il fatto che proprio la “pastorale” è ormai un terreno conflittuale, non pacifico, anzi animato da molte tensioni e preoccupazioni. É qualcosa di complesso. C’è chi vede in questo il segno che la nozione di “pastorale” non è mai stata chiara, né in sé né tantomeno nel rapporto con la dottrina. Certo non si tratta di una pura e semplice applicazione della dottrina ai casi concreti. La logica deduttiva non funziona nella varietà delle vicende della vita. C’è chi invece sottolinea come la dimensione pastorale sia un pericoloso pretesto per relativizzare la disciplina o anche un alibi per pratiche arbitrarie e disorientanti. Ma forse alla radice del problema c’è semplicemente il fatto che l’appropriazione della fede oggi non si dà più in un contesto segnato da un costume condiviso e pacifico, nel quale si viene a sapere in modo chiaro e univoco cosa significhi amare, crescere, lavorare, soffrire, trovare la propria vocazione e quindi il senso da dare alla vita. Questa incertezza rende più tortuosi i cammini personali e più ansioso il compito di vivere, nella ricerca della propria strada. L’intenzionalità pastorale a cui richiama papa Francesco si assume la responsabilità di prendersi cura delle persone anche in queste situazioni incerte e
confuse, dotandosi di strumenti per individuare il passo possibile in ordine a un’esperienza di fede, fosse anche in condizioni limitate o fragili o ambivalenti.
Non è possibile che per tanta gente non ci possa essere una parola, un gesto o un’attenzione che facciano sentire la vicinanza del Dio di Gesù Cristo, un Dio che guarisce e sostiene la vita.
É significativo l’esempio di benedizione proposto dal Comunicato stampa. La scena immaginata è più mediterranea o latinoamericana che mitteleuropea. Colpisce la tenerezza e l’empatia che vi traspare. Tutto parte da una richiesta da cui ci si lascia interpellare. Si tratta di rispondere alla domanda di un sostegno, che non chiede approvazione o assoluzione, né pretende qualche grazia spirituale speciale. Chiede la vita e i suoi beni essenziali, anche materiali e chiede di sentire che in questi desideri non mancherà il sostegno del Creatore e Padre buono, che ai figli che chiedono pane non dà pietre (Mt 7,9). La benedizione non ha la forma della consacrazione di una situazione da legittimare. Ha piuttosto la forma dell’apertura di un pezzettino di cielo su una situazione difficile, che sembra chiudere l’orizzonte della speranza. Il gesto chiesto, ossia la benedizione, dice che non si tratta solo di donare un sorriso, un saluto, una stretta di mano o una pacca sulla spalla. Ciò che è chiesto è un gesto proprio dell’esperienza religiosa, di cui si intuisce ancora il carattere promettente. La risposta a questa richiesta interpella il “cuore di pastore” e cerca di ritrovare un’intenzionalità pastorale autentica, che non congeda con freddo distacco.
Vista dal versante mitteleuropeo, questa benedizione pastorale, spontanea e informale, funziona invece come contenimento di eccessive corse in avanti. Non si tratta di predisporre rituali per benedizioni liturgiche ufficiali. Su questo si fa chiarezza. Emerge in ciò la consapevolezza della differenza dei contesti pastorali e un sano invito alla riflessione pacata e alla prudenza, proprie di chi non cerca soluzioni facili e immediate, ma avvia processi di discernimento sul bene possibile.
Le precisazioni richieste dai vari dibattiti hanno un carattere provvidenziale. Mostrano non tanto un magistero incerto e contraddittorio, quanto piuttosto un magistero “in ricerca” a livello pastorale, in ricerca cioè non di novità dottrinali, ma dei comportamenti più idonei all’attuale contesto antropologico. Si tratta di abitare questo spazio umano, segnato da identità incerte e confuse, spesso accompagnate da grandi sofferenze, propiziando condizioni favorevoli all’accoglienza di un sostegno religioso. Le doverose precisazioni aiutano inoltre a recepire l’intenzione pastorale autentica di queste benedizioni, evitando ambiguità legittimanti e confusive. Più il dibattito entra nella comunicazione globale, più si toglie ambiguità al gesto della benedizione, comprendendone la portata reale.
Rimane il dubbio se tali preoccupazioni pastorali debbano essere oggetto dell’attenzione del Dicastero per la dottrina della fede. Nell’immaginario collettivo, almeno degli addetti ai lavori, il gioco di ruoli al Vaticano II era ben diverso: il Sant’Ufficio si faceva custode della sana dottrina tradizionale, mentre il collegio episcopale unito al Papa cercava vie per rendere pastoralmente efficace l’annuncio del Vangelo. Al di là della storia, è vero che ci sarebbero altri Dicasteri più competenti in ambito pastorale. Forse però vale qui la precisazione inziale della Dichiarazione, che intende dare voce e argomentazione all’istanza pastorale di papa Francesco. Di fatto la Dichiarazione cita quasi solo i discorsi e i testi di papa Francesco proprio perché si fa eco della sua preoccupazione pastorale: non basta riaffermare una dottrina vera, ma che vola sopra la testa delle persone; occorre mostrare la forza vitale di un Vangelo che è capace ancora di leggere le condizioni di vita di tanti, aprendo in esse una porzione di cielo. È ancora un’esigenza squisitamente pastorale.

don Alberto Cozzi, teologo, membro della Commissione teologica internazionale.